La pena è giusta, ma mancano le attenuanti. Legale di Cocilovo: «È stato preso di mira, e alla prima occasione è stato attaccato». Gli avvocati di Sallusti: «L’articolo, anche se forte, era rispettoso. La condanna sarebbe una persecuzione politica». Sallusti: «Non chiedo la grazia». Ministero della Giustizia: «Possibile una riforma della legge sul modello europeo».
Bisogna valutare le attenuanti generiche. Ma la diffamazione c’è e va punita. Lo ha deciso il pg Gioacchino Izzi. Il magistrato ha annullato la sentenza d’appello, ma solo per la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Ricordiamo che Sallusti è stato condannato a 14 mesi di reclusione, senza condizionale. Dunque da scontare in cella.
La Cassazione ha ritenuto giusta la condanna. La diffamazione ai danni del giudice tutelare Giuseppe Cocilovo è assolutamente certa. Tuttavia il direttore de Il Giornale avrebbe diritto ad uno sconto di pena in quanto «manca la motivazione sulla intensità del dolo».
Il testo del reato risale al febbraio del 2007. La firma recita Dreyfus. Il pezzo sarebbe stato scritto da Andrea Monticone, il giornalista di Libero. Il testo criticava aspramente la decisione del giudice tutelare: permettere l’aborto ad una tredicenne.
Ma secondo Monica Senor, il legale di Cocilovo, c’era già attrito tra Libero e il giudice. «Cocilovo è stato preso di mira da Libero per le sue posizioni e alla prima occasione è stato colpito. Dagli articoli del giornale – ha evidenziato il legale – viene fuori che Cocilovo è un abortista. Che nel 2006, in base a quanto ha riportato Libero, era balzato agli onori della cronaca per avere telefonato al sindaco di Torino Chiamparino lamentando il fatto che un suo assessore era contrario all’aborto. Insomma nei confronti di questo magistrato è stato sferrato un vero e proprio attacco dal quotidiano». Secondo l’avvocato Senor, «non ci sono dubbi sull’attribuzione a Sallusti dell’editoriale con lo pseudonimo Dreyfus». In ogni caso, ha sottolineato, «in caso di articolo scritto di anonimo a risponderne deve essere il direttore del giornale».
Sallusti, dopo aver rifiutato un accordo economico col giudice («la mia libertà non è in vendita») rifiuta anche l’ipotesi di chiedere la grazia al presidente della Repubblica. «La grazia la chiede uno che sa di aver sbagliato e chiede perdono allo Stato. Io sono convinto di non meritare quella sentenza, quindi perché dovrei chiedere scusa di un reato che non ho commesso?» ha dichiarato Sallusti a Tgcom24.
E i legali del direttore non hanno mancato di sottolineare che l’articolo «era rispettoso dei principi di continenza e verità nell’esercizio del diritto di critica nel quale non si può pretendere affetticità. Nel mirino non c’era Cocilovo ma l’intero sistema che consente l’aborto. Tra il rischio di ledere l’onorabilità di qualcuno e quello di non informare l’opinione pubblica bisogna dare precedenza alla libertà di stampa: condannare Sallusti al carcere è una persecuzione politica, perché un giornalista, anche in carcere, può continuare a scrivere».
Intanto il governo ha dichiarato di occuparsi della vicenda per riformare le norme sulla libertà di stampa. Infatti il ministro della Giustizia, rispondendo a un’interrogazione presentata da Antonio Di Pietro, ha spiegato che «è praticabile la possibilità di dare impulso a una sollecita calendarizzazione del ddl di iniziativa parlamentare sulla libertà stampa», in modo che, con una riforma «in linea con gli altri paesi europei», sia prevista per il direttore responsabile accusato di diffamazione «la sola pena pecuniaria e non il carcere». Vedremo.
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