Il Tribunale della libertà di Padova ha accolto il ricorso impugnato dalle associazioni AIIP ed Assoprovider contro l’oscuramento di 493 siti online associati al marchio Moncler e sospettati di vendere merce contraffatta.
La singolarità del caso risiede proprio nell’annullamento del decreto di sequestro preventivo dei portali internet emesso dal Gip di Padova, Lara Fortuna, lo scorso 29 settembre. Un episodio giudiziario innescato dalla denuncia-querela depositata dalla nota casa di produzione di piumini, sentitasi danneggiata dall’imitazione e dallo sfruttamento del proprio brand aziendale perpetrati su internet. Una segnalazione che avrebbe fatto immmediatamente scattare la richiesta di oscuramento di centinaia di siti da parte del Gip di Padova imposta in “facere” ai relativi Internet Service Provider nazionali, peraltro non responsabili dell’accesso di tutti i siti online incriminati, molti dei quali invero risultavano registrati all’estero. I domini erano poi colpevoli in molti casi solo di citare il nome del marchio Moncler senza avere però alcuno scopo di commercializzazione illegale.
La vittoria in sede di riesame sancita dall’Ufficio del Pubblico Ministero di Padova, rappresenta a quanto pare un caso unico nel nostro Paese per aver riconosciuto l’ammissibilità del ricorso contro una misura di inibizione cautelare emanata da un Gip ed atta ad interdire l’accesso per gli utenti ai portali internet sospettati di infrangere la legge. Il tutto servendosi, nel caso specifico, di provider di rete nazionali peraltro non titolari (maintener) della totalità dei nomi di dominio accusati di vendere merce contraffatta online e senza il previo riscontro di una effettiva violazione degli artt. 474 e 517 del Codice Penale. Nelle motivazioni dell’annullamento emerge infatti la non coincidenza tra i reati contestati (vendita di prodotti industriali con segno mendace) e l’entità sproporzionata di un provvedimento trasversale di inibizione esteso a ben 493 siti web, molti dei quali indicati, dopo una più attenta analisi, come estranei ai fatti. Una discrepanza che per il Tribunale del riesame di Padova renderebbe fondato l’interesse degli Isp alla rivisitazione degli obblighi di inibizione dell’accesso da parte degli utenti ai portali incriminati, attraverso una interpretazione estensiva degli artt. 322 e 324 del c.p.p.
La sentenza, con le motivazioni annesse, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella battaglia condotta dagli internet providers, al fine di non dover assolvere più alla mansione di “sceriffi della rete” imposta loro negli ultimi anni dai provvedimenti di sequestro preventivo dei Gip.
Manuela Avino