La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi proposti dai ricorrenti, accogliendo esclusivamente quello relativo alla liquidazione del danno.
Nella sentenza sono riportati alcuni dei principi fondamentali dettati in materia di protezione del diritto d’autore, in merito alla valutazione della creatività di un’opera ed alla possibilità di inserire in un’opera delle citazioni.
I ricorrenti lamentavano, infatti, in primo luogo, che la Corte di Appello non avesse espresso alcuna motivata valutazione in ordine al carattere creativo o meno degli articoli giornalistici: solo nel caso in cui si riconosca un valore creativo agli articoli, difatti, questi possono essere considerati un’opera protetta dalla legge sul diritto di autore.
La Suprema Corte ha ritenuto, tuttavia, il motivo infondato: la Corte di Appello ha espressamente rilevato il carattere creativo degli articoli, riconoscendo che si tratta di elaborazione di dati ed informazioni espressi in modo personale, rientranti, dunque, a pieno titolo tra le opere protette dal diritto d’autore.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire il principio fondamentale in base al quale il concetto giuridico di creatività non coincide con quelli di creazione, originalità e novità assoluta, ma si riferisce alla personale ed individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categoria elencate, in via esemplificativa nell’art. 1 della legge n. 633 del 1941, di modo che, affinchè un’opera dell’ingegno riceva protezione a norma dei detta legge, è sufficiente la sussistenza di un “atto creativo”, seppur minimo suscettibile di estrinsecazione nel mondo esteriore.
Gli articoli di giornale sono espressamente riconosciuti come opere creative dalla legge sul diritto d’autore e, per il libero utilizzo degli stessi, sono previste specifiche eccezioni, per cui l’esclusione degli stessi dalla protezione della legge sul diritto d’autore può avvenire solo in presenza della accertata insussistenza di un livello minimo di creatività, circostanza non sussistente nel caso di specie.
Una delle eccezioni è quella prevista, in tema di citazioni, riassunti e riproduzioni, dall’art. 70 della legge sul diritto d’autore, che prevede la libera utilizzazione, mediante citazione, riassunto o riproduzione, di brani o parti di un’opera protetta.
La norma prevede, però, delle stringenti limitazioni: la libera utilizzazione è, difatti, concessa solo qualora citazione, riassunto o riproduzione, di brani o parti di un’opera protetta siano effettuati per uso di critica o di discussione, e nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera, o qualora siano effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica, per finalità illustrative e per fini non commerciali.
La Corte evidenzia che si tratta di una norma eccezionale e, dunque, di stretta interpretazione, che deroga alla regola generale che prevede che l’autore dell’opera abbia il diritto esclusivo di utilizzazione economica dell’opera stessa e che, nel caso di specie, la disposizione non sia applicabile, in quanto gli articoli di giornale ed il libro “Gomorra” sono opere differenti.
Agli autori degli articoli ed all’editore deve essere riconosciuto, dunque, il diritto di agire a tutela dei rispettivi diritti, ogniqualvolta nell’opera da altri successivamente realizzata sia stata compiuta una riproduzione, integrale o parziale, degli articoli, e quindi non una mera evocazione di fatti.
In buona sostanza, laddove in un’opera siano riportati esclusivamente i fatti storici narrati in articoli giornalistici, nella loro essenzialità, non vi è alcun illecito.
Se, invece, l’autore dell’opera riporta integralmente gli articoli, come è accaduto nel caso di specie, sussiste il plagio.
Il plagio sussiste, tra l’altro, anche se gli articoli sono stati riportati non integralmente, ma solo in parte: la Corte evidenzia, difatti, che si ha violazione dell’esclusiva non solo quando l’opera è copiata integralmente, ma anche quando si ha contraffazione dell’opera precedente, contraffazione la quale implica delle differenze, oltre che delle somiglianze.
Dunque, in una fattispecie come quella in esame, per valutare se vi è stato plagio non bisogna fare un raffronto tra l’intero libro ed i singoli articoli, ma solo tra alcune parti specifiche del libro e gli articoli.
Accertata la riproduzione illecita, il giudice deve procedere alla liquidazione del danno.
Questo è l’unico punto della sentenza della Corte di Appello che viene censurato dalla Cassazione.
La Corte di Appello, infatti, aveva effettuato una liquidazione equitativa del danno prendendo, quali criteri di riferimento, il numero non esiguo delle riproduzioni abusive e delle omesse citazioni delle fonti e, dall’altro, il notevole successo del romanzo Gomorra, includendo nella somma complessivamente liquidata il danno morale.
Secondo la Suprema Corte, invece, nel caso di specie, deve, applicarsi l’art. 158 della legge sul diritto d’autore, così come modificato dal D.lgs. 140/06, il quale prevede che il giudice, nella liquidazione del danno, debba valutare il lucro cessante anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. In alternativa, il giudice può liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto.
La Corte di Appello non ha, invece, applicato l’art. 158 della legge sul diritto di autore così come modificato, e ha liquidato il danno in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., senza indicare le ragioni della scelta del criterio utilizzato per individuare l’ammontare del lucro cessante in relazione al caso di specie.
Per tale ragione, il ricorso è stato accolto limitatamente a tale motivo e la Corte di Cassazione ha rinviato alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, per la liquidazione del danno.
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