“La carta stampata farà la fine dell’opera lirica“. A dirlo è Giuliano Ferrara nel corso dell’audizione odierna in Commissione Cultura alla Camera nell’ambito dell’esame della proposta di legge per l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria. L’ex direttore del Foglio continua a spiegare questo parallelo: la lirica “è un po’ una riserva protetta in tutto il mondo, non esiste un teatro d’opera che si sostenga esclusivamente con le sue forze. Allo stesso modo si finanziano una certa parte dei giornali, perché è un grande pezzo di cultura, anche di cultura popolare. Ci sono persone che non rinunceranno mai a comprare un organo di carta”.
Nell’audizione Ferrara ripercorre la storia del Foglio, fino all’ultimo periodo che vede il passaggio della direzione a Claudio Cerasa. “E’ un esperimento giornalistico fatto da persone molto diverse tra loro”, spiega il giornalista, ricordando la scelta “di aderire ad una legge dello stato, come organo di un movimento politico e culturale. Avendo una linea spiccata sulla giustizia fondammo un movimento pertinente al tipo di giornale che eravamo, il Movimento per la Giustizia, con due parlamentari che lo sostennero: Marcello Pera e Marco Boato. Dal ’98-’99 cominciammo ad avere bilanci in pareggio perché il giornale era gestito con molto parsimonia”.
Fondo pubblico una benedizione per il Foglio
Ferrara entra poi nel vivo della questione relativa al fondo pubblico per l’editoria: “di fronte alla proposta di abolizione delle sovvenzioni, pur legittima vista la situazione del bilancio dello stato, devo dire che il fatto di avere avuto per 15-16 anni (sia quando vendevamo 20 mila copie, sia ora che ne vendiamo la metà o poco meno), avere un terzo degli introiti da vendite, un terzo da pubblicità, un terzo da sovvenzioni è stata una benedizione, non per fare lucro, ma per tenere il giornale in pareggio. Questo giornale, in regime di relativa libertà , che è la situazione naturale per un giornale, ha fatto la sua corsa”. Ma cosa si intende per libertà relativa? Ferrara lo spiga aggiungendo che “un articolo di feroce scarnificazione dell’Eni sul Foglio non lo troverete, perché l’Eni è un nostro interlocutore e ci ha sempre dato un buon appoggio pubblicitario, ma queste cose il lettore le sa. Allo stesso modo non troverete mai un articolo feroce contro la Fiat sulla Stampa o sul Corriere una intemerata contro gli industriali della moda. Io credo che la democrazia liberale sia fatta della possibilità per molti soggetti di esprimere punti di vista parziali”.
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