È ormai una tragica normalità: a Viale Mazzini regna l’immobilismo gestionale. Ieri il cda avrebbe dovuto approvare i palinsesti autunnali. Non è stato così. Forse è meglio. Chissà. Fatto sta che gli scontri in Consiglio sono tutt’altro che assopiti. Il dg Lei ha proposto i palinsesti. Favorevoli solo i consiglieri di centrodestra: Guglielmo Rositani, Antonio Verro, Giovanna Bianchi Clerici e Alessio Gorla. Mentre hanno votato contro il consigliere del Pd Giorgio Van Straten e il “tremontiano” Angelo Maria Petroni. Astenuti, e quindi determinanti ai fini della mancata approvazione, il presidente Paolo Garimberti, il cui voto (o non voto) in caso di parità vale doppio, e il consigliere Udc Rodolfo De Laurentiis.
C’è chi dice che il “pollice in giù” di Petroni, decisivo per le sorti della votazione, sia stato “ispirato” da Monti per dare un segnale forte. In altre parole per far capire che le cose devono cambiare radicalmente e al più presto. Come ha affermato, Zavoli, il presidente delle Vigilanza, senza interventi urgenti, «si rischia di compromettere ogni progetto di rilancio».
In effetti Monti , negli scorsi mesi, ha più volte cercato di rinnovare Viale Mazzini. Tuttavia il premier non ha mai fatto un atto di forza. Il Professore ha pensato ad un mini Cda di 5 membri, ma il Pdl non ha permesso alcuna modifica della Gasparri. Anche l’idea del rinnovamento dello Statuto, finalizzato a dare al presidente e al dg ampi poteri e a ridimensionare l’influenza degli altri 7 consiglieri (espressione inevitabile della politica), è rimasto sulla carta.
Monti poteva agire con un decreto. Mai come in questo caso c’erano le condizioni di necessità e urgenza. Ma non l’ha fatto. Gli interessi in gioco sono enormi. La faccenda delle frequenze (il beauty contest) e il rinnovo dell’Agcom influiscono tantissimo. Si è cercato a lungo una quadra, ma invano.
Ora non resta che agire visto che il 6 giugno dovrebbe essere tutto pronto. Attenzione, dovrebbe, ma non lo è. I curricula dei candidati eletti dai partiti non si sono visti. Dovevano essere pubblicati, in nome della trasparenza, come sta accadendo con l’Agcom, ma non si è visto nulla. Per le cariche di direttore generale e di presidente le candidature pubbliche si sono persino sprecate. Si è candidato, provocatoriamente, anche il mago Zurlì in coppia con Topo Gigio. Più consistenti, invece, sono Santoro e Freccero, i quali si sono proposti, rispettivamente come dg e presidente. Entrambi avrebbero le carte in regola. Tuttavia il governo non sembra averli in simpatia.
Monti vorrebbe Ferruccio De Bortoli come presidente della Rai. Ma il direttore del Corsera ha declinato l’invito. Sembrerebbe sia troppo impegnato a “rinnovare” il suo quotidiano. Oppure semplicemente non vuole gestire un’azienda che “scotta”, visto che già nel 2009 rifiutò l’incarico.
Restano in lizza Giulio Anselmi, presidente dell’Ansa e della Fieg e Francesco Caio, ingegnere elettronico, esperto di telecomunicazione e tecnologie, nonché manager di esperienza.
Ma in nomi contano fino ad un certo punto. Prioritario è il rinnovamento dei meccanismi di nomina e di governante. Il tema sarà discusso oggi a Palazzo Chigi in un incontro a quattro. Insieme a Monti ci saranno Giarda, Caltricalà e Peluffo.
Non c’è tempo da perdere. L’azienda è paralizzata. I dipendenti sono da tempo insoddisfatti. Fioccano le manifestazioni e le proteste. Lo sciopero della settimana prossima è stato annullato solo a causa del terremoto. Inoltre il 18 giugno la Sipra deve presentare agli inserzionisti il palinsesto autunnale che rischia di essere bloccato. Sarebbe una ulteriore sciagura finanziaria per Viale Mazzini che ha già perso 50 milioni nel primo trimestre del 2012.
L’unico che sembra essere uscito “vittorioso” dal cda di ieri è stato Augusto Minzolini, l’ex direttore del Tg1 sostituito a causa delle accuse di peculato. Per legge, in attesa della condanna definitiva, ha diritto ad un incarico di uguale prestigio e stipendio. Minziolini poteva scegliere tra tre opzioni: la corrispondenza da New York, da Parigi, oppure essere il coordinatore capo degli inviati all’estero, rimanendo a Roma. A scelto quest’ultima ipotesi. Forse per seguire meglio le sorti del suo ricorso contro la Rai. Ricordiamo che Minzolini ha fatto ricorso al giudice del lavoro per essere reintegrato alla guida del Tg1. Tale possibilità non è del tutto remota.
Le vecchie “marce” faccende della Rai rimangono vive. Intanto il nuovo non avanza, e neanche sembra nascere.
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