Ancora incertezza sulla vicenda dei canoni per le frequenze televisive. E’ saltato l’emendamento al decreto mille proroghe, che prevedeva il passaggio di competenze in materia dall’Agcom al Ministero dello Sviluppo Economico. Probabilmente la disposizione sarà ripresentata in occasione del passaggio alla Camera del decreto su banche e investimenti. Per il momento a disciplinare la materia resta il decreto-tampone pubblicato in Gazzetta Ufficiale a gennaio. In base ad esso gli operatori di rete hanno pagato per il 2014 un acconto pari al 40% dei contributi corrisposti nel 2013. Il decreto era stato, però, predisposto per dare modo al Governo di prendersi il tempo necessario per ridisegnare il quadro normativo. Ora le tempistiche si dilatano ulteriormente.
La discussa delibera dell’Autorità prevede lo spostamento dell’onere contributivo dagli editori agli operatori di rete. Una modifica che ha generato parecchie polemiche, dal momento che Rai e Mediaset, che in base al vecchio sistema pagavano un importo corrispondente all’1% del fatturato, col nuovo metodo risparmiano rispettivamente 23 e 17 milioni. La delibera Agcom non è compatibile, poi, con la legge Monti, risalente al 2012, la quale stabilisce l’invarianza di gettito per le casse dello Stato con il nuovo regime. Un primo intervento del Governo è stato respinto a dicembre dalla Commissione Bilancio del Senato, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’emendamento presentato dal Governo nella legge di stabilità, con il fine di sospendere l’applicazione del regolamento Agcom. Un rifiuto motivato dal timore di aprire una lunga serie di contenziosi amministrativi con gli operatori. Il sottosegretario Antonello Giacomelli continua a parlare della necessità di una normativa che tenga maggiormente conto del passaggio dall’analogico al digitale. Ma nei fatti la partita è ancora aperta.
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