La notizia ricalca quella di qualche anno fa, quando Marchionne annunciò che la Fiat avrebbe abbandonato Confindustria per divergenze sui rapporti contrattuali con i dipendenti. Quella notizia occupò i giornali per giorni, da un lato le ragioni datoriali verso una maggiore flessibilità, dall’altro quelle sindacali per maggiori tutele di un accordo collettivo di settore.
Questa volta, invece, la notizia ha avuto pochissimo spazio, un articolo sul Fatto Quotidiano, qualche breve su Repubblica che, a breve, dovrà affrontare la fusione con La Stampa. Eppure, nonostante il collasso del settore, un fatto come questo rappresenta una rivoluzione epocale: non perché il gruppo Caltagirone lascia l’associazione di categoria dei grandi editori, ma per le ragioni della decisione. Infatti, nell’ambito di una ristrutturazione aziendale dovuta a fronteggiare la crisi, gli amministratori del gruppo hanno deciso di esternalizzare una serie di servizi a società del gruppo stesso, trasferendo i dipendenti dell’area tecnica e poligrafica a nuove società.
Tecnicamente nulla da dire, se non fosse che nessuno dice che questo significa applicare ai dipendenti trasferiti non più il contratto dei poligrafici, un contratto estremamente oneroso per l’impresa editrice, in quanto prevede il pagamento del famigerato Fondo Casella, ma che, al contempo, consente ai dipendenti di accedere alle tutele previste dalla legge 5 agosto 1981, n. 416, tra cui i prepensionamenti.
La modifica del rapporto contrattuale, per quanto fino a sentenza contraria resti legittima, introduce quindi nel sistema fortissimi elementi di accelerazione nello sfaldare gli istituti che il legislatore ha posto man mano a tutela dei lavoratori del settore. La stessa esistenza del Fondo Casella viene messa in discussione e forse sarebbe ora il caso che qualcuno dica a carico di chi andrà l’eventuale sostenimento dello stesso per le prestazioni nei confronti degli attuali soggetti assicurati.
Che Francesco Gaetano ed Azzurra Caltagirone non siedano più nel salottino buono di via Piemonte è una notizia da rotocalco; un diverso assetto del settore e le possibili ricadute sul bilancio pubblico una notizia che andrebbe messa in prima pagina, ma i sindacati nicchiano. Forse non sarà un caso se il precedente segretario della Federazione nazionale della stampa siede ora nel comitato di Confindustria.
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