Call center e contratto a progetto. Lettera circolare Ministero del lavoro e politiche sociali

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callcenterCon riferimento alle indicazioni operative già fornite con circolare n. 14/2013, sono pervenute a questa Direzione generale ulteriori richieste di chiarimenti afferenti alla corretta interpretazione della disciplina del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto nel settore dei call-center, ex art. 24 bis D.L. n. 83/2012 (conv. da L. n. 134/2012). Nella citata circolare, sono state evidenziate le deroghe in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 61, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003, ai fini del legittimo ricorso alla tipologia contrattuale in questione, ovvero la sussistenza uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore, il collegamento ad un determinato risultato finale e il divieto di mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente (cfr. circ. n. 29/2012). In particolare, si è precisato che il disposto di cui art. 61 sopra richiamato non trova applicazione nelle ipotesi di “attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call-center outbound per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento”, a prescindere dal requisito dimensionale dell’azienda. Da tale esclusione – che riguarda sia le attività di vendita di beni, sia le attività di servizi realizzate attraverso call-center outbound – scaturisce dunque la non applicazione dei requisiti dell’art. 61, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, primo tra i quali la sussistenza di uno specifico progetto. In altri termini, il Legislatore ha voluto introdurre una semplificazione nell’ambito dei call-center, consentendo l’impiego del personale con contratti di collaborazione in una molteplicità di “attività di servizi”, tra cui risultano evidentemente annoverabili anche le attività di ricerche di mercato, statistiche e scientifiche, indipendentemente da una contestuale “vendita” di prodotti o di servizi. Si ricorda che la deroga opera nella misura in cui il contratto di collaborazione preveda la corresponsione del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento, che assume, nella sostanza, una funzione “autorizzatoria” del ricorso alla menzionata tipologia contrattuale. Tuttavia, come ricordato dalla stessa circ. n. 14/2013, nelle more della introduzione di specifiche clausole da parte della contrattazione collettiva di riferimento che diano indicazioni sui corrispettivi in questione ed al fine di non impedire l’utilizzo della tipologia contrattuale, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa nell’ambito dei call-center appare comunque consentito nel rispetto di quanto stabilito in via generale dall’art. 63. comma 2. del D.Lgs. n. 276/2003, secondo il quale “in assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.

In tal caso sarà pertanto necessario garantire contrattualmente che il compenso legato alle prestazioni effettivamente rese dal collaboratore non sia inferiore alle retribuzioni minime previste dalla citata contrattazione collettiva ai fini della legittimità del rapporto di collaborazione, ferma restando la natura autonoma dello stesso.

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