Accordo trovato tra la Premier League e Youtube: l’associazione calcistica inglese ha difatti rinunciato alla causa sui diritti d’autore intentata nel 2007 contro il celebre sito di video-sharing, di proprietà di Google e che oggi conta 1 miliardo di utenti. Non solo: la stessa associazione ha anche siglato di fatto un accordo che legittima una volta di più l’azione della proprietà di Mountain View. La Premier League contestava a YouTube una serie di estese violazioni del copyright, attraverso la pubblicazione di video amatoriali delle partite ripresi dalla tv e successivamente caricati online. Per questo era stata lanciata una “class action” negli Usa, sulla scia di una separata causa da un miliardo di dollari intentata dal consorzio Viacom. Alla Premier, si erano unite la Federazione francese di tennis e diverse case discografiche. A maggio di quest’anno, tuttavia, la battaglia legale ha subito una dura battuta d’arresto quando il giudice competente di New York ha respinto la class action sul caso, affermando che era “irrealistico” valutare tutte assieme le posizioni di chi lamentava una violazione del diritto d’autore. Una pronuncia, spiega il quotidiano inglese, che ha spinto all’abbandono della causa sia da parte della Premier che di quanti si erano aggregati strada facendo. Come conseguenza più probabile, spiega il “Guardian”, i vari club inglesi ritorneranno a pubblicare in differita su YouTube gli highlights dei propri match; a processo in corso era severamente vietato.
Dunque, a distanza di oltre 6 anni dalla firma dell’accusa, arriva la stretta di mano tra le parti: la Premier League rinuncia allo scontro e firma l’accordo per l’utilizzo del Content ID di YouTube. Così facendo ogni filmato in potenziale violazione di copyright (poiché non promulgato dai canali ufficiali della Serie A inglese, ma caricato da utenti terzi privi di apposita licenza) porterà introiti ai legittimi detentori e Google farà da tramite in questa transazione. La sensazione è che la Premier League focalizzerà ora le proprie attenzioni contro i siti di live streaming illegali piuttosto che contro una repository quale YouTube, che offre contenuti in differita sui quali risulta di fatto possibile conservare in certa misura un controllo.