Il dibattito parlamentare sull’editoria italiana sta per entrare in una fase molto delicata. Si dovrà iniziare ad entrare nel merito della proposta di legge presentata dal Pd che pone le basi per la riforma del settore. Il presidente di Mediacoop, Roberto Calari ci aiuta a fare il punto sulla situazione, individuando le cose che potranno aiutare i piccoli editori ad avere un futuro ed una criticità che finora sembra essere stata presa sottogamba.
“Credo che sia molto importante che una maggioranza così rilevante del Parlamento abbia detto no con forza al tentativo di mettere in discussione il sostegno al pluralismo. Si tratta di un elemento fondamentale per un Paese democratico”, spiega Calari. Il concetto è che in Italia, come in Europa, non debba, o non possa, essere solo il mercato a regolare la sopravvivenza o l’esistenza di testate che hanno caratteristiche di raccontare i territori. “Il pluralismo dell’informazione a livello territoriale è un elemento fondante di una democrazia evoluta che si basi sulla pluralità delle voci e non su una concentrazione prodotta dal mercato di pochi soggetti che detengono il potere dell’informazione e che possono quindi orientare l’opinione pubblica sulla tematiche specifiche legate a interessi specifici”.
La Camera ha scelto di proseguire riconoscendo questo diritto e secondo il presidente di Mediacoop questa scelta rappresenta un elemento di grande rilevanza. “Tutto ciò è frutto di un lavoro importante di sensibilizzazione dell’opinione pubblica che è stato fatto tramite la campagna menogiornalimenoliberi e tanti incontri e iniziative per far capire alla gente quanto questo fosse un tema rilevante per la democrazia. Il sostegno spesso viene percepito come un contributo indifferenziato e non selettivo, che va ai grandi giornali. Viene poi confuso il fatto che alcuni casi negativi, in questo come altri comparti, ci sono stati”.
Il tema delle irregolarità nell’attribuzione ha grande rilevanza, non solo per il pubblico, ma anche per gli stessi editori: “sono casi da contrastare più che mai perché danneggiano anche l’immagine delle realtà di lavoro e di dedizione, di serietà, di impegno che tanti giornalisti nelle cooperative e nelle tante realtà non profit esprimono nel fare informazione in modo professionale nel nostro Paese. Però quello che ha colpito di più l’opinione pubblica, anche in questi mesi di discussione sul ddl grillino, è stata la demagogia del dire ‘si tratta solo di soldi buttati via, potrebbero essere risparmiati e messi sulla promozione di nuove imprese che stanno sul mercato’”.
“Questo concetto, che potrebbe facilmente fare presa se non spiegato correttamente, cerca di nascondere, o quantomeno non tiene conto, che in questo modo rimarrebbero pochi gli editori in Italia, in effetti già è così, di grandi dimensioni e questo favorirebbe loro a scapito di più di 200 testate indipendenti e senza scopo di lucro che scomparirebbero”, racconta ancora Calari. Tutto ciò senza contare i tanti posti di lavoro che verrebbero spazzati via. Si tratta di editori indipendenti e che non hanno interessi in altri settori, di realtà direttamente protagoniste nel fare informazione e nel metterla a disposizione della comunità. “Quando siamo riusciti a spiegare queste cose, anche tramite la campagna, siamo riusciti a fare presa sull’opinione pubblica”.
“Non è solo importante la bocciatura del punto di partenza fondamentale del disegno di legge grillina, che nella componente fondamentale voleva l’abolizione del finanziamento pubblico per l’editoria, ma è altrettanto importante che sia arrivata la proposta di legge del Pd”. Il ddl che è stato messo a punto tiene conto delle discussioni e degli incontri che sono stati fatti da inizio anno dal dipartimento per l’Informazione e l’editoria e dal sottosegretario Luca Lotti con tutte le forze dell’editoria. “Tutto ciò ha prodotto un progressivo avvicinamento delle rispettive posizioni verso una riforma più complessiva dell’intera filiera editoriale che è profondamente connessa alla costituzione di quel Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione individuato dal governo come un punto di ricaduta molto importante per i prossimi anni”.
“Noi apprezziamo il lavoro svolto da tutti, anche perché questa proposta di legge apre un periodo in cui, anziché discutere sul dare o meno i contributi, si parla finalmente del merito: come devono essere indirizzati, come possono essere migliorati criteri già rigorosi e selettivi”. Nelle intenzioni il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione dovrebbe avere una durata quinquennale, “questo vuol dire offrire un orizzonte di investimento, ad esempio verso l’innovazione, perché si possa compiere il massimo sforzo verso questo percorso. Di negativo c’è il fatto che si fa strada la convinzione che il ruolo della carta stampata possa venire meno. In realtà non bisogna dimenticare che ad oggi è la carta stampata che paga le edizioni online e non il contrario. Queste due aree devono poter convivere perché rimane fondamentale il ruolo della lettura diretta anche nella stessa socializzazione delle persone”.
“Speriamo che ora il percorso e la discussione sul disegno di legge siano veloci, le risposte che attendiamo sono urgenti. Ci auguriamo che in questo percorso si faccia molta attenzione a cogliere le modifiche da apportare a questo testo, ma è già di per se molto positivo stare qui a parlare di un testo da migliorare insieme”. Prima di concludere, Calari fa notare che da tutto questo discorso resat fuori un solo tema: i contributi 2014. “Parlare di riforme quando ancora le risorse che avrebbero dovuto coprire le spese del 2013 sono state così drammaticamente tagliate (causando anche le chiusure di diverse redazioni) e senza aver quantificato le risorse per il 2014 significa mettere in ginocchio molte imprese. Con la speranza che venga trovata una soluzione e che con la legge di stabilità vengano destinate le giuste risorse per il nuovo fondo per il pluralismo: se così non dovesse essere, parlare di riforma sarebbe del tutto inutile”.
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