Caro direttore, la politica sembra ossessionata dalla televisione. Alessio Butti, con il suo nuovo testo di indirizzo, intende mettere ordine nell’informazione Rai. Fra i vari provvedimenti c’è quello di alternare i conduttori perché parte dal presupposto che non abbiano un pensiero indipendente e che siano quindi portatori della propaganda di partito.
Se il presupposto è questo, allora occorre andare fino infondo e non limitarsi a Santoro, Floris o alla sottoscritta, ma completare il progetto ed estenderlo a tutta l’offerta informativa Rai: dall’Annunziata a Vespa, da Paragone ai direttori del Tg1, Tg2, Tg3, delle Tribune, di Rainews, Rai Intenational, fino ai Tg regionali. Il risultato sarà una lunga serie di programmi di partito che, secondo il Butti-pensiero, si chiama pluralismo informativo.
La realizzazione coerente di questo progetto, dove ogni conduttore espone con orgoglio la propria tessera di partito, permetterebbe al telespettatore di formarsi, finalmente, una libera opinione, senza correre il rischio che quei giornalisti Rai, non servi né di Berlusconi né di Bersani, gli confondano le idee. La qualità di Stato, la verità assoluta, l’omologazione e non il pluralismo, finalmente fissati per legge.
E loro, i giornalisti non servi, a cui non è riconosciuto il diritto all’indipendenza di pensiero e di critica all’attività di governo, possono sempre andare a lavorare a Londra, Francoforte, Copenaghen o Madrid (se conoscono le lingue), dove il requisito richiesto a un giornalista che lavora per il servizio pubblico è, appunto, quello di non avere tessere.
Milena Gabanelli
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