Così il Senatore del Pdl Alessio Butti difende, dalle pagine del proprio blog, il provvedimento di legge che intende vincolare alla sottoscrizione di accordi, l’uso “con qualsiasi forma e mezzo, di articoli di riviste e giornali (cartacei ed elettronici, ndr), al fine di trarne profitto”.
Il testo della norma in discussione, in sede referente, alla Commissione Giustizia del Senato (atto n. 2297) è composto da un unico articolo di 637 caratteri che andrebbe ad integrare con un comma 2-bis, l’art.65 della Legge sul Diritto d’autore 22 aprile 1941, n. 633, in quel Quinto capitolo relativo alle libere utilizzazioni in materia di tutela della proprietà intellettuale dell’opera editoriale.
Il provvedimento, si legge nella risposta dal Senatore, vorrebbe solo correggere lo “sfruttamento parassitario” tenuto da soggetti quali piattaforme di intermediazione dei contenuti, motori di ricerca, aggregatori di news e siti internet che, secondo Butti, utilizzerebbero in maniera indebita lo sforzo organizzativo ed imprenditoriale di altri, prelevando dalle pagine web dei giornali, notizie e contenuti editoriali da “vendere” ai propri utenti.
Per questo il ddl individuerebbe solo “efficaci modalità di recupero” di quei diritti usurpati superando, ex lege, di fatto l’uso strumentale, operato da soggetti terzi, dello stesso art. 65 oggetto di modifica e indirettamente dell’art. 70 della normativa vigente. Se ne deduce che entrambi i riferimenti citati si presterebbero, secondo Butti, a difformità interpretative nel punto in cui garantiscono in maniera troppo vaga, specie nell’era digitale, la libera riproduzione (quando non espressamente riservata e citando sempre la fonte) degli articoli di attualità in altre riviste o giornali, oltre che nei mezzi radiotelevisivi, e definendo liberi “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico, se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera”.
Il disegno di legge andrebbe dunque a colmare tale presunta lacuna e conferendo alle associazioni maggiormente rappresentative degli editori (al di fuori dei casi di libera riproduzione disciplinati dalla legge) il potere di stabilire la misura e le modalità di riscossione del compenso per le licenze d’uso dei contenuti protetti.
Una previsione che otterrebbe in pratica di supplire, alla citata vaghezza dell’attuale impianto normativo, con una non meglio precisata formula legislativa, quella cioè che prevede la subordinazione ad un accordo la prassi generica di “utilizzo e riproduzione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo” dei contenuti, cartacei o online, riservati, “al fine di trarne profitto”. Un’impostazione che lascia presagire la potenziale estensione della legge sul copyright su ogni possibile forma di uso, parziale o totale di un articolo, inclusa dunque, la sua indicizzazione e/o organizzazione in archivi tematici operata non solo dai motori di ricerca. Quando il Senatore si affretta infatti a chiarire che “nessuno impedisce ai blogger di riprendere articoli o notizie o informazioni purché questa attività non sia a scopo di lucro”, implicitamente conferma la non totale coerenza, probabilmente voluta, sottesa dal testo di legge da lui firmato nonché dalla sue conclusioni. Nella norma viene infatti specificata non l’attività di lucro ma il profitto derivante da una “qualsiasi forma di uso” (compresa quindi la semplice citazione per scopi di critica) delle notizie sui portali online. Definizione che andrebbe ad estendersi inevitabilmente anche a quei blog che si limitino ad accogliere inserzioni pubblicitarie su quelle stesse pagine dove un articolo di attualità viene ripreso e discusso. Con tutte le conseguenze derivanti da una probabile interruzione del normale funzionamento di internet e della libera e fluida circolazione delle informazioni in Rete.
Intanto all’ultima seduta tenuta in Commissione Giustizia il 6 marzo scorso, di fronte alla proposta della senatrice Silvia Della Monica (PD) di audire un esperto in materia di diritto d’Autore, il relatore del ddl in questione, Franco Bruno (Terzo Polo), ha evidenziato la priorità di convocare in primo luogo l’Autorità garante per la protezione dei dati personali, l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, la FIEG e la SIAE, soggetti ritenuti maggiormente interessati dal provvedimento.
Manuela Avino
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