I pm di Milano devono seguire i principi stabiliti dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, che il 24 settembre scorso, ha condannato l’Italia per violazione della libertà di espressione con ”riferimento all’applicazione di pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa” in relazione ai due ricorsi presentati da Maurizio Belpietro e Alessandro Sallusti, rispettivamente direttori di Libero e de Il Giornale.
Ad emanare la direttiva, rivolta ai suoi colleghi (“tutti i magistrati dell’ufficio, magistrati ordinari e vice procuratori onorari”), è stato il procuratore della Repubblica, Edmondo Bruti Liberati.
Il capo della Procura milanese – come viene chiarito in un comunicato stampa – invita ”i colleghi, assegnatari dei procedimenti per diffamazione a mezzo stampa in fase di indagine e/o designati per dibattimento, a segnalarmi preventivamente i casi nei quali potrebbero ricorrere ‘circostanze eccezionali’ (quali quelle evidenziate dalla Cedu o altre che qualifichino il caso specifico) che renderebbero proporzionata la richiesta di applicazione di pena detentiva”.
La sentenza della Cedu ha individuato, infatti, solo alcuni casi ”eccezionali” in cui si può ricorrere alla pena della reclusione per i giornalisti tra cui, ad esempio, la ”istigazione all’odio razziale o etnico” o ”l’incitamento alla violenza”.
La Cedu, spiega ancora Bruti Liberati, ”non interviene né sulla affermazione di responsabilità penale, né sulla responsabilità del direttore, ma censura la applicazione di una pena detentiva (benché sospesa) ritenuta sproporzionata in relazione alla tutela della libertà di espressione”.
In precedenza, chiarisce il Procuratore, ”la Corte aveva sottolineato il ruolo indispensabile del ‘cane da guardia’ che la stampa riveste in una società democratica”. Già lo scorso giugno, Bruti Liberati aveva emanato un’altra direttiva in tema di diffamazione a mezzo stampa per stabilire che tutte le indagini in materia vengono coordinate oltre che dai singoli pm anche dallo stesso procuratore capo.
”Rimane ferma ovviamente – conclude Bruti, che ne ha dato comunicazione anche al Csm – la piena libertà del Pm in udienza di concludere nel modo ritenuto opportuno all’esito delle emergenze del dibattimento”.
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