L’azienda di Redmond ha denunciato Motorola Mobility all’Antitrust Ue per violazione degli impegni FRAND. La Corporation capitanata da Steve Ballmer si unisce così ad Apple nella guerra dichiarata contro Google. Il motivo dello scontro è l’ormai nota questione dei 50 brevetti standard di Motorola Mobility relativi alla codifica video (H.264), una piccola parte del bottino di 17mila licenze incamerate da BigG in seguito all’acquisto dell’azienda avvenuto ad agosto e dopo il via libera alla fusione accordato (seppur con riserva) la settimana scorsa dall’Antitrust Usa e da quello Europeo.
L’accusa si focalizza sulle royalties richieste da Motorola che, a detta degli “inquisitori”, verrebbero concesse a condizioni tutt’altro che eque, ragionevoli e non discriminatorie. Ad un’attenta disamina, la percentuale di imposta diretta sul costo dei dispositivi si aggirerebbe intorno al 2,25%, pari cioè ad una “tassa” di 22,50 dollari sul prezzo finale di un laptop Windows da 1000 dollari che utilizzi lo standard di riproduzione video e connessione Wi-Fi vantato dalla “protetta” di Google.
“Motorola sta tentando di bloccare le vendite di PC Windows, della nostra console Xbox e di altri prodotti (che) permettono di visualizzare i video sul Web e di connettersi senza fili a Internet utilizzando gli standard del settore”, ha denunciato Steve Heiner, portavoce del Gruppo Corporate Standard & Antitrust di Microsoft. L’intervento dell’Antitrust Ue dovrebbe quindi porre fine ad un condotta sleale da parte di un produttore come Motorola che approfitterebbe in maniera indebita del possesso di brevetti standard essenziali per l’innovazione, con l’intento di penalizzare la concorrenza.
Eppure l’apertura di un’indagine da parte della Commissione Ue potrebbe anche dare una svolta decisiva al contenzioso legale in corso in Germania proprio sulle licenze H.264 e che vede Microsoft nel banco degli imputati. Il verdetto del tribunale è fissato per il prossimo 17 aprile. Forse Redmond ha bisogno di rassicurazioni. Il rifiuto da parte di Motorola di 1,46milioni di euro messi sul piatto da Microsoft, potrebbe infatti costar caro ad una Corporation che entro quest’anno sarebbe in procinto di incassare dal sistema operativo Android made in casa Google, la cifra stimata di 910milioni di dollari. E’ questo infatti il giro d’affari della piattaforma opensource di Mountain View, attivata sugli smartphone Samsung, HTC, LG, Compal Electronics (per citarne solo alcuni), gli stessi che hanno accettato di pagare a Redmond una tassa oscillante dai 3 ai 15 dollari di royalties per ogni device venduto. Dietro la firma di un accordo di non divulgazione (non disclouser agreement) i rispettivi vendor avrebbero di fatto accettato di pagare un “pizzo” pur di non sostenere le spese legali di un eventuale processo per presunti brevetti vantati da Microsoft e contenuti in Android.
Presunti proprio perché sulla loro identità e validità non è dato sapere. Almeno così è stato fino a quando l’altro grande vendor di dispositivi Android, Barnes&Nobles, colpito anche lui dalle pretese avanzate da Redmond, non ha deciso di denunciare il colosso chiedendo al Ministero della Giustizia Usa di aprire un’indagine formale nei suoi confronti.
A fronte di royalties sui brevetti uguali o superiori alla cifra richiesta per l’installazione di Windows Phone, B&N ha dichiarato che Microsoft stesse cercando di “aumentare i costi dei concorrenti al fine di penalizzarli e scoraggiare l’innovazione nel settore mobile”. Come dire, la storia si ripete ma con ruoli invertiti. Nulla a che vedere certo con gli standard FRAND detenuti da Motorola eppure anche quei 5 brevetti impugnati da Redmond riguarderebbero tecnologie piuttosto elementari ed in alcuni casi vantate da altri, come l’idea delle tab, ossia le schede che hanno la funzione di visualizzare più pagine di contenuti all’interno della stessa finestra (vedi IBM/OS2 2.0) o la funzione di inserimento di annotazioni in un documento di testo senza modificarlo già introdotta da Adobe (n.233 del 7dicembre 1999).
L’accusa di monopolio ai danni della concorrenza presentata da B&N è stata però respinta dall’International Trade Commission Usa all’inizio di Febbraio, sortendo di fatto la sconfitta del produttore di Nook e consegnando nella mani di Microsoft più del 70% dei dispositivi Android presenti sul mercato e costretti a pagare i “fee” imposti da Redmond.
Una prassi quella degli accordi di licenza “estorti” da Microsoft che di fronte alla denuncia antitrust contro Motorola Mobility potrebbe certo far gridare “da che pulpito viene la predica”. A dimostrazione del fatto che le dispute sui brevetti degli ultimi anni riflettano sempre di più i giochi di forza ed i ribaltoni dei “patent trolls”.
Manuela Avino
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