Nella lettera all’on. Aprea, Bonaiuti ricorda che «la discussione del regolamento è in corso da settembre, quindi da tre mesi e mezzo, e che sono state accolte la gran parte delle modifiche proposte dalle categorie del comparto, dai deputati e dai senatori».
In ogni caso, il sottosegretario si dice «lieto di tener conto dei risultati delle eventuali audizioni ai fini di quella riforma generale dell’editoria – che non si può fare ovviamente con un regolamento ma con una legge, che mi auguro condivisa da tutti e al di sopra delle parti – cominciando dalla convocazione degli Stati generali dell’editoria prevista per la seconda metà di gennaio». Scende in campo il Pd con il portavoce del governo ombra Ricardo Franco Levi: «Il governo Berlusconi disprezza il Parlamento» e «rifiuta di sottostare a qualsiasi tipo di controllo». Per Levi, «venendo meno agli impegni presi da lui personalmente e formalmente assunti, Bonaiuti ha deciso di procedere per l’adozione di un regolamento che sconvolge l’assetto dell’editoria italiana, senza tenere conto del parere e delle puntuali osservazioni che la commissione Cultura si preparava a formulare». Anche per Emilia De Biase e Beppe Giulietti, «è inaccettabile che sul nuovo regolamento Bonaiuti voglia evitare il confronto in Parlamento». Una scelta «di una tale gravità da suscitare lo sconcerto della stessa maggioranza che ha scritto al presidente della Camera. »Vogliamo che il governo cambi atteggiamento perchè è indispensabile un confronto aperto a tutti i soggetti interessati e dunque ci aspettiamo che Bonaiuti martedì si presenti in commissione«. In una lettera a Fini, gli esponenti del Pdl Enzo Raisi, Flavia Perina, Stefano Caldoro, Massimo Parisi, Fabio Granata, Rocco Girlanda e Silvana Comaroli (Lega), definiscono di »dubbia legittimità« l’interpretazione fornita da Bonaiuti, secondo la quale »la delega del governo ricevuta dal Parlamento in materia di regolamento dell’editoria non può essere soggetta ad un ulteriore parere vincolante delle commissioni parlamentari«. Dalla maggioranza chiedono a Fini un »intervento per una corretta interpretazione che dirima questo delicato conflitto istituzionale«
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