Nei sette punti (Sette missioni per il futuro dell’Italia) del programma del Pdl non si dice molto sul futuro dei mezzi di comunicazione (stampa, radio, televisione e internet). Solo un accenno alla digitalizzazione della P.A., alla diffusione universale della banda larga e al proseguimento del processo del passaggio al digitale. Ma non sfugge, anzi, è ben chiaro, che Berlusconi punta molto sulle liberalizzazioni per rilanciare l’economia italiana, soprattutto nel campo delle telecomunicazioni. Per quanto riguarda il settore radiotelevisivo, probabilmente, sarà seguita la strada della privatizzazione della Rai, già prevista dalla vecchia legge Gasparri ma mai attuata. È stato lo stesso ex Ministro delle comunicazioni ad affermare che se avesse vinto il Pdl, avrebbe riproposto la privatizzazione della Rai e avrebbe spinto affinché fosse “applicata la parte della legge che prevede il cambiamento degli assetti proprietari della Rai per farne una public company”. Secondo Gasparri, infatti “solo l’apertura al mercato” consentirà il vero distacco della televisione pubblica dalla politica.
Ricordiamo ai lettori che la Gasparri (Legge 112/2004), all’art. 21 (Dismissione della partecipazione dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa) prevede due fasi essenziali. La prima è la fusione per incorporazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa. Successivamente la società RAI-Holding Spa assume la denominazione sociale di “RAI-Radiotelevisione italiana Spa” e il consiglio di amministrazione della società incorporata assume le funzioni di consiglio di amministrazione della società risultante dalla fusione.
La seconda fase del procedimento è costituita dall’offerta pubblica di vendita, da raggiungersi entro quattro mesi dalla data di completamento della fusione delle due società. I tempi e le modalità di presentazione, le condizioni e gli altri elementi dell’offerta o delle offerte pubbliche di vendita saranno definiti tramite una o più deliberazioni del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica).
Inoltre, la legge prevede che il Governo possa dismettere quote della partecipazione della Rai con il limite di non vendere, a ciascun soggetto, più dell’1% delle azioni aventi diritto di voto, al fine di difendere gli interessi generali e di ordine pubblico di cui la Rai è affidataria. Va detto che alcuni hanno visto nel limite dell’1% una “finta privatizzazione”, nulla di paragonabile, nei suoi effetti, alla messa sul mercato, per esempio, di una rete Rai che, privatizzata con criterio, potrebbe costituire la base di un terzo polo televisvo.
Il sesto comma dell’art. 21 blocca la cessione da parte della Rai- Radiotelevisione italiana Spa di rami d’azienda fino al 31 dicembre 2005. Data oltre la quale si potrebbero, pertanto, configurare privatizzazioni parziali.
Fabiana Cammarano