Dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 59 giornalisti e professionisti dell’informazione in tutto il mondo. Stiamo parlando di numeri spaventosi, in netto aumento dal momento che, solo rispetto un anno fa, si sono verificati dodici uccisioni in più. La Federazione internazionale dei giornalisti è furiosa e se la prende con l’Onu: “Nonostante le buone intenzioni, il Piano d’azione delle Nazioni Unite per la sicurezza dei giornalisti non è stato in grado di fornire l’ambiente libero e sicuro per gli operatori dei media che era stato promesso. Al contrario, i giornalisti continuano ad essere aggrediti, picchiati, detenuti, molestati e minacciati per aver svolto il loro lavoro”. Gli omicidi, per di più, rimangono persino impuniti. L’Ifj denuncia: “Nove omicidi di giornalisti su dieci restano tuttora impuniti”.
I Paesi dove la violenza è più pesante contro i giornalisti sono Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, India, Messico, Kosovo, Pakistan, Palestina, Filippine, Russia, Turchia, Ucraina, Yemen.
Ma le minacce che avvolgono la compagine giornalistica sono tantissime. Secondo l’Ifj: “Le continue minacce alla sicurezza digitale dei giornalisti, inclusi attacchi informatici, furto di dati, hacking e molestie online, mettono a rischio la sicurezza dei professionisti dei media, rendendo ancora più urgente l’adozione di uno strumento che costringerebbe i governi ad affrontare l’impunità per la violenza contro gli operatori dell’informazione”.
Per i giornalisti: “C’è una crescente frustrazione per la mancanza di volontà politica di affrontare l’impunità e sostenere mezzi di comunicazione liberi e indipendenti. Per questo abbiamo promosso una campagna globale per l’adozione di una Convenzione internazionale dedicata alla protezione dei giornalisti e dei professionisti dei media”.
I numeri fanno il paio con le cifre diffuse dal governo messicano, uno dei Paesi dove la violenza contro i cronisti è praticamente endemica. In sedici anni sono stati uccisi 260 giornalisti. Una strage senza risposte.
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