L’Europa lancia segnali sul fronte della banda larga. In una videochat rivolta ai cittadini dell’Unione il Commissario per la Digital Economy Gunther Oettinger ha parlato delle modalità con cui favorire lo sviluppo delle connessioni veloci nel Vecchio Continente. Per Oettinger bisogna innanzitutto colmare il divario che c’è tra le città e le zone rurali di un singolo paese. L’Italia può essere presa come parametro di riferimento: solo il 20% di utenti residenti in paesi e campagne può usufruire di una connessione rapida e stabile.La stessa situazione si ravvisa anche negli altri paesi europei. L’idea del Commissario è di incentivare gli investimenti degli operatori nelle zone rurali, permettendo agli stessi di massimizzare i proprio sforzi economici. Oettinger lascia intendere che la priorità dell’Unione Europea è la produttività, anche a discapito della concorrenza. Infatti ritiene che la presenza di un unico operatore in un contesto arretrato possa essere più utile di un frazionamento dell’offerta. Oettinger pensa anche ai consumatori, preannunciando norme che consentano ad essi di non rimanere vincolati all’offerta di un solo fornitore. Ma come sarà tutelato il pluralismo sul mercato, se di fatto si andranno a creare situazioni di monopolio?
Le risorse pubbliche
In ogni caso il Commissario europeo sottolinea il ruolo altrettanto importante dei fondi pubblici di matrice comunitaria. Allude soprattutto ai 300 miliardi di euro promessi dalla Commissione Europea per rilanciare gli investimenti. Ma non è ancora ben chiara né la fonte delle risorse, né tantomeno la ripartizione tra i settori bisognosi di sussidi. Il vicepresidente dell’Esecutivo UE, Jyrkki Katainen, non ha ancora chiarito se i fondi saranno finanziati prevalentemente dai privati o mediante il debito pubblico. Per quanto riguarda la suddivisione degli interventi, l’economia digitale è in “concorrenza” con i settori dei trasporti e dell’energia. In base alle indicazioni di Oettinger, un ruolo rilevante nella diffusione della banda larga dovranno averlo i fondi strutturali, quantificati a circa 5 miliardi di euro. Obiettivo dichiarato dei fondi è la riduzione delle disparità regionali negli Stati membri. Ma prendiamo ancora l’Italia come parametro di riferimento. L’uso scellerato dei fondi UE nel settennato 2007-2013 è sotto gli occhi di tutti. Le risorse non sono state utilizzate per colmare le lacune delle zone più disagiate, ma per sostituire la mancata spesa nazionale. I dati sono negativi anche per quello che riguarda la velocità nell’utilizzo dei fondi. L’eccessiva lentezza nelle spese denota l’inefficienza della macchina amministrativa. Spesso a frenare gli investimenti è anche la mancanza di una vera e propria azione di concertazione tra le amministrazioni. La cooperazione è fondamentale per assicurare omogeneità agli interventi di sostegno. Parte della responsabilità è da imputare anche alle indecisioni della classe politica, spesso a disagio nella pianificazione di un intervento pubblico settennale. Tutto questo insegna che i fondi strutturali sono una risorsa preziosa, ma hanno una reale utilità solo se vengono utilizzati con raziocinio dagli Stati membri.