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Aumento Rcs, Marchionne: “È un investimento strategico”.Mediobanca e Intesa pronte a lasciare il patto

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Rcs, aumento concluso. Si attende l’asta per i diritti inoptati. Sul piatto rimane ancora il 15% della ricapitalizzazione per un controvalore di 60 milioni di euro. Diego Della Valle è pronto a prendersi tutto e a “sfidare” John Elkann sul proprio terreno. Intanto nascono polemiche sull’investimento di 90 milioni sul gruppo di via Rizzoli da parte della Fiat. Per Marchionne: è una scelta “strategica”.
Ma procediamo con ordine e facciamo un passo indietro.
La prima fase della ricapitalizzazione si è conclusa. E su un massimo di 421 milioni di euro (400 in azioni ordinarie e 21 per quelle di risparmio), ne sono stati sottoscritti 409. In particolare dei 323,8 milioni di azioni ordinarie ne sono state rilevate l’85%. Mentre quelle di risparmio sono state quasi tutte acquistate. Quindi l’inoptato è pari circa al 15%. E sarà messo in vendita.
Mercoledì partirà l’asta per le azioni inoptate. L’operazione sarà curata da Banca Imi (del gruppo Intesa Sanpaolo). Saranno messi all’asta 16,2 milioni di diritti non esercitati. I quali permetteranno l’acquisto di 48,7 milioni di titoli. Per un valore totale teorico di circa 60 milioni, pari all’11,2% del capitale post aumento. Tra i pretendenti al “bottino” il principale è Diego Della Valle. L’imprenditore marchigiano ha affermato che è pronto anche ad acquisire tutto l’inoptato disponibile. Tale operazione permetterebbe a Mister Tod’s di arrivare al 23,7% del capitale sociale. Superando Fiat (20,123%). Ma l’imprenditore marchigiano vuole delle garanzie da parte degli altri soci: revisione del piano industriale e finanziario, scioglimento anticipato del patto e cambio della governance. È quasi impossibile che gli azionisti si riuniscano, a ricapitalizzazione non ancora terminata del tutto, per ristrutturare il piano triennale dell’ad di Rcs, Pietro Scott Jovane. Al di là della volontà dei singoli soci sarebbe molto difficile mettere mano alla struttura del gruppo di via Rizzoli.
Ma ritorniamo all’asta per l’inoptato. Non è da escludere che nessuno compri i diritti non esercitati. Infatti per questa evenienza è stato predisposto un consorzio di garanzia. Ovvero un insieme di banche che ha garantito un investimento fino a 184 milioni. Ma, visto l’andamento dell’aumento, le banche interverranno per un massimo di 49,4 milioni (di cui il 40% sarà appannaggio di Intesa tramite Banca Imi). Ovvero il 12,3% dell’aumento, pari al 9,2% del nuovo capitale sociale. Quindi su un controvalore di inoptato pari a 60 milioni ci sarebbe anche il rischio che rimangano invenduti 10 milioni di titoli.
Comunque, indipendentemente dall’asta, risultano ancora sconosciuti i sottoscrittori di una quota compresa tra il 5 e il 10% del nuovo capitale sociale. Bisogna dire che chi supera il limite del 2% deve comunicarlo alla Consob. Tuttavia, almeno per il momento, non si conoscono ancora i dettagli. Potrebbe essere un nuovo investitore: magari estero; oppure legato a qualche socio già presente in Rcs. Ma può anche essere che si tratti di una moltitudine di investitori sconosciuti che hanno sottoscritto una piccola quota pro-capite.
Poi non bisogna sottovalutare gli “attriti” tra John Elkann, presidente della Fiat, e Diego Della Valle. I due non si sono risparmiati reciproche critiche. Alla base di tutto c’è un modo di vedere il futuro di Rcs in due modi diversi. Il presidente del Lingotto è favorevole al piano di Jovane e vorrebbe una sociatà guidata da un singolo azionista forte. Non a caso Elkann ha acquistato i diritti per arrivare al 20,123% del nuovo capitale sociale. Diventando primo azionista del gruppo di via Rizzoli. Invece il patron della Fiorentina giudica il piano messo a punto dalla dirigenza di Rcs del tutto “irrealizzabile” e unicamente “a vantaggio delle banche creditrici e azioniste”. Inoltre il patron della Tod’s vorrebbe un azionariato paritetico con quattro o cinque azionisti tutti al 10%. Anche se va precisato che lo stesso Della Valle ha dichiarato che sarebbe disposto ad acquistare tutto l’inoptato. E se fosse così lui stesso diventerebbe l’azionista leader con oltre il 20% del capitale sociale. In effetti il futuro di Rcs non è certo facile da prevedere.
Inoltre non sono mancate polemiche sull’investimento della Fiat sull’editoria. Il Lingotto ha speso circa 125 milioni: 90 per la “scalata” a Rcs; e 35 per salvare La Stampa, giornale controllato proprio dal gruppo Fiat. Per Sergio Marchionne, ad della casa automobilista di Torino, “Rcs è un investimento strategico. Ed è per questo che abbiamo speso tanto”.
A riguardo è stato molto critico Giorgio Airaudo, deputato Sel ed ex sindacalista Fiom. “La Fiat vuole coprirsi la ritirata e convincere l’opinione pubblica. Non mi stupisce l’investimento nel gruppo che controlla il Corriere della Sera che le ha dato sempre problemi”, ha affermato il parlamentare.
Poi c’è da considerare la posizione “extra – Fiat” di Elkann. Il quale fa parte del cda di News Corporation (colosso dei media di Rupert Murdoch) e dell’Economist. Qualcuno ha anche visto l’investimento della Fiat come un preludio per eventuali alleanze future con Murdoch. Ma le indiscrezioni sono state subito smentite. Si è pensato anche ad una fusione tra il Corsera e La Stampa (Antitrust permettendo). L’unione tra i due giornali è stata già anticipata dalle rispettive concessionarie di pubblicità.
Ma a poche settimane dalla chiusura dell’aumento, in attesa dell’asta per i diritti inoptati, cerchiamo di capire come sarà il nuovo quadro azionario. Fiat comanda al 20,123%. Segue Mediobanca al 15%. Poi c’è Della Valle all’8,7% (che, come detto in precedenza, potrebbe superare il 20% se acquistasse tutto l’inoptato). In seguito Fonsai al 5,4%, Pirelli al 5,3%, Intesa Sanpaolo al 5%, Italmobiliare (che ha ricapitalizzato solo metà della sua quota) passata dal 7,4% al 3,7%. Poi ci sono gli eredi di Rotelli che non avendo partecipato all’aumento si sono diluiti dal 16,6% al 4%. Seguono Sinpar all’1,2%, Edison all’1%, Benetton (anche loro non hanno ricapitalizzato) scesi all’1%, Mittel all’1, Assicurazioni Generali allo 0,9%, Eridano Finanziaria allo 0,77%. Chiude Merloni allo 0,52%.
Oltre ai numeri e alle singole quote sarà fondamentale capire l’assetto del patto di sindacato (che prima dell’aumento vincolava il 58% delle azioni). Alcuni soci non hanno nascosto la possibilità di uscire dal vincolo parasociale. Si tratta soprattutto degli istituti bancari. Ovvero Mediobanca e Intesa. Il patto ha scadenza naturale a febbraio del 2014, con anticipo di disdetta a settembre. Ma potrebbe anche essere sciolto all’unanimità in anticipo. Anche a fine luglio. Quando sarà evidente il nuovo assetto della società. Infatti per fine mese è prevista una riunione “plenaria” tra tutti i soci. Addirittura Mediobanca vorrebbe in prospettiva vedere la sue quote, scendere sotto il 5% (dall’attuale 15%) e uscire dal patto. Anche Intesa potrebbe “ridursi”e lasciare il vincolo parasociale. Ma sono discorsi da fare in prospettiva. Chi ha sottoscritto l’aumento ha anche assicurato un “lock up” di sei mesi. Ovvero i sottoscrittori si sono impegnati a non rivedere le loro quote per almeno un semestre.

Prospetto del quadro azionario in attesa dell’asta sull’inoptato

Fiat                      20,135%
Mediobanca           15,14%
Diego Della Valle      8,81%
Fonsai                     5,54%
Pirelli                      5,3%
Intesa Sanpaolo        5,018%
Italmobiliare            3,74%
Pandette e opzione del Banco Popolare (Rotelli)        4,13%
Sinpar (Lucchini)       1,27%
Edison                     1,08%
Edizione                  1,045%
Mittel                      1,042%
Generali                   0,989%
Eridano Finanziaria (Bertazzoni)      0,77%
Francesco Merloni     0,52%

 

 

 

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