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Aumenta il costo degli abbonamenti online del New York Time: strategia vincente o boomerang?

L’ad del New York Times dichiara guerra agli ad blockers che non consentono di veicolare la pubblicità e decide di rincarare il costo dei contenuti digitali

Dichiarazione choc rilasciata da Mark Thompson, CEO della più importante testata newyorkese,  durante il Festival di Cannes. la kermesse annuale dedicata alla pubblicità e creatività. Avendo analizzato i dati relativi all‘avanzare degli ad block, i software che eliminano i messaggi pubblicitari dai siti web, Thompson ha annunciato che l’unico modo per continuare a garantire un’informazione digitale di qualità è aumentare il costo degli abbonamenti online.

Sempre secondo l’ad, il New York Times deve affrontare molte spese per soddisfare le aspettative degli utilizzatori della rete, più attenti ed esigenti. Motivo per cui, dovendo rinunciare agli introiti legati all’advertising,  tutti coloro che non gradiscono la presenza di banner o altre forme di annunci, potranno scegliere la nuova formula che prevede l‘abbonamento senza pubblicità ma ad un prezzo più alto (non ancora quantificato).

Un provvedimento che in termini pratici si traduce in una vera e propria battaglia contro queste nuove tecnologie ma che, nell’ambito del settore editoriale, non rappresenta una novità. La crociata annunciata dal NYT in realtà è già stata intrapresa nel Vecchio Continente da altri potenti network come Axel Springer recentemente ricorso alle vie legali e da Bild il giornale tedesco che ha chiesto ai suoi follower di eliminare gli ad blockers in modo da poter veicolare le inserzioni.

Il colosso statunitense pur godendo di buona salute, deve il suo trend positivo proprio alla crescita delle edizioni digitali e ai ricavi legati alla pubblicità sulla piattaforma che riescono a compensare i mancati profitti delle copie cartacee in calo sia a livello di vendite che di annunci.

E più precisamente gli utili del 2015 ammontano a 52 milioni di dollari anche se il fatturato è rimasto stabile a 445 miliardi di dollari proprio a causa delle perdite registrate dall’edizione off line. Nel 1° trimestre di quest’anno i guadagni generati dalla pubblicità sono aumentati dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2015 grazie all’incremento degli abbonamenti online pari a 1,1 milioni.

Tuttavia l’ambizioso CEO del New York Times, non pago dei risultati raggiunti, ha già fatto sapere che nei prossimi 4 anni vuole raddoppiare le entrate del digitale passando dagli attuali 400 milioni di dollari ad 800 milioni di dollari puntando soprattutto sull’internazionalizzazione dell’informazione.

Si prevedono, infatti, investimenti con l’apertura di nuove redazioni dislocate in diversi Continenti per offrire news continuamente aggiornate sulle vicende locali che interessano un determinato territorio ma anche inchieste ed approfondimenti su tematiche scottanti e di grande attualità legate ad ogni singolo Paese.

Per arginare le perdite delle copie cartacee Thompson ha già preso decisioni molto drastiche come quella di ridurre al massimo le uscite e gli sprechi del giornale e soprattutto di effettuare tagli di personale laddove si registrano perdite più ingenti.

Non a caso ha dichiarato che, se le cose non cambieranno, potrebbe chiudere una parte della redazione parigina, un taglio netto che costerebbe il posto di lavoro a ben 70 unità.

Un’altra strategia del CEO, non ancora ufficializzata ma che già sta facendo il giro del mondo, è il possibile accordo che i rumor definiscono molto vicino con facebook. Il colosso di Mark Zuckerberg, infatti,  sembra molto interessato a pubblicare gli articoli del NYT direttamente sulla bacheca del social bypassando i domini esterni.

L’infaticabile staff della web company californiana sarebbe già al lavoro per definire una procedura che consenta a tutti coloro che hanno un profilo di accedere alle news immediatamente senza cliccare più un url ed essere rimandati ad un link esterno, evitando inutili attese.

La lettura dei contenuti diventerebbe, così, fruibile più velocemente e sempre restando sul social. Un sistema innovativo che potrebbe essere molto conveniente sia per Thompson che per Zuckerberg sui quali la possibilità di dividere gli introiti pubblicitari esercita un grande fascino.

Tuttavia non è da sottovalutare che, se quest’iniziativa dovesse avere successo, potrebbe rappresentare quel business model tanto desiderato dagli editori digitali di tutto il mondo: una nuova opportunità offerta dal web. 

Se tutto questo diventasse realtà in un prossimo futuro non saranno più così allarmanti i dati diffusi dall’ultima inchiesta realizzata da Ovum secondo la quale a causa degli ad blockers l‘editoria online ha dovuto rinunciare a 24 miliardi di dollari, uno spauracchio che solo il tempo potrà rivelarci se è destinato o meno ad avere vita breve.

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