AUDIZIONE CALABRO’: I PUNTI “NEVRALGICI” DEL REGOLAMENTO

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In attesa dell’audizione al Senato del Presidente dell’Autorità Corrado Calabrò prevista per domani, ripercorriamo alcuni passaggi “critici” del testo del regolamento che già a partire da maggio potrebbe conferire all’Agcom ampi poteri di intervento (alternativo a quello giudiziario) a tutela dei diritti di proprietà intellettuale sulle reti di comunicazione elettronica.
Per ciò che attiene ai soggetti interessati dal provvedimento di inibizione degli illeciti mediante ordine di rimozione selettiva di contenuti protetti (la procedura del Notice and Take-down mutuata dal Copyright Act statunitense), la delibera n. 398/2011 avrebbe escluso i siti privati senza «finalità commerciale o scopo di lucro» e indirizzati alla condivisione e allo scambio di contenuti audiovisivi nelle comunità di interesse (reti peer-to-peer), nel rispetto del principio del “fair use”.
Uno sforzo apprezzabile. Peccato che l’art. 32-bis del Decreto Romani (n.44/2010), posto come cornice di legittimazione normativa della delibera, già escluderebbe dalla definizione di media audiovisivi (ambito di intervento giurisdizionale in cui l’Autorità ha potere di “rendere effettiva l’osservanza dei limiti e dei divieti” designati per legge) suddette categorie, annoverando tra le eccezioni anche “i servizi prestati nell’esercizio di attività precipuamente non economiche e che non siano in concorrenza con la radiodiffusione televisiva” nonché caratterizzate dall’incidentalità dei contenuti audiovisivi. Una prerogativa di per sè già associabile secondo il Testo unico sui servizi (d.lgs n° 177/2005) a “motori di ricerca; siti con brevi spot pubblicitari o informazioni relative a un prodotto o a un servizio non audiovisivo; le versioni elettroniche di quotidiani e riviste; i servizi testuali autonomi”.

Oltra a travalicare il rispettivo ambito di intervento, il criterio di valutazione introdotto dall’Autorità (assenza di scopo di lucro, art. 10 lettera c) della delibera) esteso ai portali internet privati, sembrerebbe peccare anche in approssimazione specie in considerazione del funzionamento della maggioranza delle piattaforme online e dei blog che fanno delle inserzioni pubblicitarie, vere e proprie entrate economiche atte in certi casi a garantire la qualità o il sostenimento delle spese di manutenzione di un sito. Eppure, in base alle previsioni della delibera, potrebbero diventare sufficienti per destare il sospetto di un lucro (seppur indiretto) qualora sia stata rinvenuta nelle rispettive pagine incriminate la presenza di un link ad un video protetto, magari, da diritti televisivi o all’estratto di un’opera dell’ingegno, previa segnalazione del titolare della proprietà intellettuale.
Le ultime sentenze in materia di divieto di pubblicazione di contenuti audiovisivi – di proprietà di emittenti televisive – su piattaforme di condivisione video (si veda la vittoria di Mediaset/RTI contro YouTube, sancita dal Tribunale di Roma nel 2009), potrebbero fornire ulteriori spunti di intervento discrezionale all’Agcom che andrebbero ben oltre le funzioni di vigilanza e di ispezione conferitele dall’art.182bis della legge su diritto d’autore.
Un aspetto che si collega ad un altro profilo di criticità, relativo al potere implicito che verrebbe così esercitato de facto da un’Autorità amministrativa nella prassi di introdurre fattispecie in grado di estendere o restringere l’ambito di applicazione della normativa del diritto d’autore così come inquadrata dalla legge 633/1941. Un impianto legislativo che per
di più allo stato attuale, non prevede una discilplina puntuale delle “utilizzazioni libere” dei contenuti sulle reti di comunicazione elettronica. Ciononostante l’Agcom ha deciso di introdurre criteri generali di valutazione delle eccezioni alla tutela del diritto d’autore seppur in linea con il dichiarato intento di contemperare il presidio delle tutele, con la libertà di espressione in Rete ed i nuovi linguaggi abilitati dalla tecnologie dell’informazione.
L’art. 9 dello schema di regolamento prevede che la Direzione “ove ravvisi la fondatezza della pretesa sulla base di una prima e sommaria cognizione dei fatti oggetto della segnalazione e ove non risultino soddisfatte le eccezioni di cui agli articoli 65 o 70 della Legge sul diritto d’autore – secondo i criteri di cui all’articolo 10 – notifica l’avvio del procedimento al gestore del sito o al fornitore di servizi di media audiovisivo o radiofonico”. L’art. 10 richiamato introduce de facto alcune linee guida di intervento dell’Agcom e fungenti da veri e propri “principi in deroga” applicati nella prassi dei provvedimenti amministrattivi ma non contemplati dalla legge sul Diritto d’Autore (ovvero da una fonte di norma primaria) almeno non nella sua formulazione attuale. Tali principi sono di seguito elencati: l’uso didattico e
scientifico; l’esercizio del diritto di cronaca, di commento, di critica e di discussione nei limiti dello scopo informativo e dell’attualità ed il più “sensibile” di tutti l’occasionalità della diffusione, la quantità e qualità del contenuto diffuso rispetto all’opera integrale che non ne pregiudichi il normale sfruttamento economico.
Si tratta di linee interpretative generiche che potrebbero prefigurare nuove fattispecie di illecito non ancora previste dalle norme positive ma che potrebbero creare dei precedenti utili ad integrare il quadro legislativo vigente mediante canoni ermeneutici autoprodotti e autoverificati dall’Agcom. Fattispecie che potrebbero limitare i diritti fondamentali (quali la libertà di comunicazione e di espressione) degli utenti (privati cittadini) sottraendosi al controllo del Parlamento chiamato a legiferare.
Un quadro di intervento quello formalizzato dall’Autorità garante delle Comunicazioni e finalizzato all’inibizione delle violazioni del diritto d’autore online, in cui risulta decisivo il ruolo degli stessi internet provider. In qualità di fornitori di servizi di media audiovisivi, gli Isp risultano chiamati (artt. 13 e 14 allegato A delibera) ad attivare il blocco tramite indirizzo Ip e nome di dominio (Dns) sui siti registrati sia in Italia che all’estero, qualora “persista” l’attività illegale contestata e verificata dall’Agcom. Un ruolo “attivo” prescritto dal Regolamento a cui i prestatori di servizi di hosting, cashing e mere conduit dovranno adeguare (art. 16 Disposizioni finali) le proprie condizioni contrattuali, informando preventivamente i propri clienti sulla previsione di un eventuale intervento di rimozione dei contenuti o (in via transitoria) di blocco dell’intero sito. Un onere contro cui non sembra essere possibile appellarsi almeno non durante l’iter di un procedimento di tipo amministrativo.
I profili di criticità fin qui analizzati sembrano confermare il rischio di un conflitto di competenze tra il legislatore e un’Autorità amministrativa quale l’Agcom, già in più occasioni evocato dal segretario della Commissione trasporti e comunicazioni del Senato, Luigi Vimercati (PD). Il senatore riceverà domani alle ore 8,30 il Presidente dell’Autorità Corrado Calabrò proprio “per ribadire la necessità di una moratoria sul regolamento in discussione e per sottolineare l’opportunità di aprire un dibattito pubblico in materia di diritto d’autore”.

Manuela Avino

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