Le frequenze di Rai, Mediaset e Timedia “invadono” altri Stati scatenando la protesta di Croazia e Malta. Tirate in ballo, le emittenti italiane chiedono aiuto al ministero dello Sviluppo Economico invocando la sostituzione dei mux difettosi. “Perché non prenderli dal paniere dell’asta del dividendo digitale?” suggeriscono. La risposta del Mse è di quelle che non ammettono repliche: “I mux non si toccano. Le richieste non possono essere soddisfatte. Interferenze? E’ un problema che dovete risolvere da soli”. Morale della favola: il dossier dell’Agcom sull’asta per i 6 multiplex si arricchisce di un nuovo inatteso problema.
E dire che le frequenze del dividendo digitale dovevano essere “regalate”. La gara, non competitiva, denominata “beauty contest” – da tempo annullata – doveva servire proprio a tale scopo. Poi è arrivato il governo Monti. E prima ancora la crisi. Con tanto di casse vuote per lo Stato italiano.
È quindi sorto un dubbio: possibile che un bene pubblico scarso e prezioso, come le frequenze (anzi, sarebbe meglio dire il loro diritto d’uso) venga regalato alle emittenti televisive? Non sarebbe stato meglio bandire una vera asta con tanto di offerte al rialzo?
Detto, fatto. Il ministero dello Sviluppo economico, nei panni di Corrado Passera, e il premier Mario Monti, hanno deciso, infatti, che i 6 multiplex da mettere all’asta dovevano essere venduti al migliore offerente e non più…regalati. Con un possibile guadagno per le casse erariali di 1,2 miliardi di euro (cifra stimata da Mediobanca). Ovviamente tra il dire e il fare…c’è di mezzo il solito mare. Sì, perché, pur annunciata, la fatidica asta non è stata ancora organizzata.
Per capirci, l’Agcom ha tardato a definire, tra contestazioni e polemiche, un bando di concorso vero e proprio. Con la conseguenza che, ad inizio 2013, la gara per le frequenze tv è ancora in alto mare. Ultimamente, poi, è sorto un “nuovo” ostacolo”. Un grattacapo giunto a complicare ulteriormente le cose: le inattese interferenze con gli Stati vicini. Frequenze che, dallo Stivale, arrivano a lambire antenne e ripetitori di Paesi e nazioni confinanti ostacolandone, di fatto, le emissioni interne. Bisogna però fare una precisazione.
L’Italia, per la sua morfologia geografica, è sempre stata soggetta a interferenze. Sia in entrata che in uscita. Soprattutto alcune regioni, come quelle Adriatiche e le isole, rappresentano, per i ripetitori, delle zone cosiddette “ibride”. Ovvero suscettibili a interferenze, sia interne, per quanto riguarda le tv locali di regioni diverse, sia esterne, nei confronti di altri Stati. Insomma: il segnale radiotelevisivo di una regione captato dalle antenne posizionate in una regione vicina (l’esempio più diffuso è quello dei tg locali di Rai Tre spesso captati in una regione anziché in un’altra).
Ed ecco che nel dossier dell’Agcom (il Garante ha dato la possibilità a tutti di intervenire per eventuali suggerimenti e proposte) sono arrivate, nutrite e motivate, le prime contestazioni. I mittenti? Croazia e Malta.
Quale è il problema? La frequenze Rai, diffuse nelle regioni adriatiche, “invadono” i territori balcanici. E non solo quelli della Croazia, ma anche del Montenegro e della Slovenia. Che, a loro volta, si sono fatte sentire, eccome. Come ha reagisot la tv pubblica italiana? A sua volta, ha protestato contro il ministero dello Sviluppo economico. Il servizio pubblico ha fatto ricorso al Tar per avere delle frequenze più “pulite” e dunque capaci di non interferire fuori del proprio raggio d’azione. Il Tribunale amministrativo, per il momento, ha dato ragione alla Rai. E le frequenze “interferenti” sono state sospese. La tv di Stato, da parte sua, ha chiesto anche che le venissero permutati i mux “fastidiosi” con quelli (sono in tutto 6) da mettere in palio con la nuova asta. Apriti cielo. La richiesta ha scatenato un nuovo problema per la tanta attesa vendita del dividendo digitale, rischiando di depauperare il fatidico paniere prima ancora che questo venga offerto al miglior acquirente. E non c’è solo il caso Rai a tenere banco. Anche Mediaset e Timedia condividono le stesse sorti della tv di Stato. Gli operatori di rete del Biscione e l’emittente controllata da Telecom Italia, per mandare il segnale in Sicilia, interferiscono con i ripetitori di Malta. E il piccolo Stato insulare ha reagito con decisione, ricorrendo a 3 diversi organismi: all’ufficio tecnico preposto dall’Unione europea, l’Rspg (Radio Spectrum Policy Group, l’istituzione che si occupa delle frequenze); all’Itu (l’Unione internazionale delle telecomunicazioni) e all’Agcom.
Inutile chiedersi come hanno reagito Mediaset e Timedia. Proprio come la Rai. Hanno, cioè, chiesto al Ministero una sostituzione delle frequenze “difettose”. Il rimpiazzo? Da pescarsi tra i mux da destinare all’asta. Problema che si somma a problema. Sì, perché qualora il governo e l’Agcom acconsentissero a questo “cambio”, cosa rimarrebbe nel contenitore, che, ribadiamolo, consta di 6 mux in tutto? Probabilmente ben poco, per non dire quasi niente. E allora, a conti fatti, che asta si farebbe?
Il ministero dello Sviluppo, manco a dirlo, ha immediatamente stoppato le richieste rispedendo al mittente le pretese di Rai, Mediaset e Timedia con la seguente motivazione: tali emittenti nazionali hanno le possibilità tecniche, come antenne e ripetitori, per risolvere da sé il problema delle interferenze. Per la serie: i mezzi non vi mancano. Pensateci da soli. L’asta non si tocca. Ovviamente la partita è solo al fischio d’inizio. Scommettete che ne vedremo delle belle?
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