È pronto il regolamento dell’Agcom per la gara per le frequenze del dividendo digitale. Dimezzati i multiplex in vendita: da sei a tre le reti all’asta, quelle a scadenza ventennale. La banda di 700 Mhz sarà conservata per lo sviluppo della Lte. Sottratte frequenze anche per bonificare lo spettro. Esclusione dei “big” dalla gara. “Sì” a Sky, Gruppo Espresso, Rete Capri e PrimaTv. Ora spetta al Ministero dello Sviluppo economico approvare il provvedimento e istruire il bando finale. Corrado Passera ha assicurato: «Ci attiveremo subito. Non lasceremo il dossier al nuovo governo». Per il prezzo si parla di 80 milioni a mux.
Ma procediamo con ordine.
Dopo mesi di gestazione, consultazioni pubbliche e il vaglio dell’Unione europea, il provvedimento dell’Agcom, approvato all’unanimità da tutti i cinque commissari, potrà arrivare al Ministero dello Sviluppo economico (Mse). Il quale dovrà approvarlo e mettere a punto il bando finale.
Bisogna dire che il regolamento attuale presenta sostanziali modifiche rispetto all’originario.
Innanzitutto i multiplex messi all’asta sono stati dimezzati: da sei a tre. Sono stati eliminate dalla gara le frequenze del blocco “V”: quelle relative alla banda da 700 Mhz. Questi mux avrebbero avuto una concessione di “soli” cinque anni. Quindi avrebbero avuto poco valore sul mercato: cinque anni sono un tempo troppo basso per ammortizzare i costi. Infatti l’Agcom ha preferito conservare queste frequenze per lo sviluppo della banda larga e ultralarga (Lte). Questi preziosi mux messi in vendita nel 2018 agli operatori della tecnologia mobile.
Inoltre altre frequenze “strategiche” sono state sottratte all’asta per bonificare lo spettro da fastidiose interferenze. Si tratta dei canali 54, 55 e 58. In effetti il problema degli “incroci” anomali di frequenze non è da sottovalutare. Anzi. Non è raro che i segnali delle tv italiane invadano i territori stranieri vicini. Infatti ci sono stati “litigi” con Corsica, Malta e Stati balcanici (con tanto di esposti all’Ue). E lo stesso vale anche per le tv regionali: anch’esse vittime di sovrapposizioni di banda.
Le novità del nuovo regolamento non finiscono qui. Ai “big” del mercato televisivo è stata vietata la partecipazione all’asta. Tutti gli operatori di rete con più di due mux sono stati “banditi”. E tra questi rientrano a pieno titolo la Rai e Mediaset. Infatti sia la tv pubblica che l’emittente di Cologno Monzese ne hanno quattro. Non può partecipare nemmeno Timedia, che ne ha tre (La7 invece può prendere parte all’asta, essendo stata rilevata da Urbano Cairo senza nessuna frequenza).
Le reti in vendita sono state divise in tre lotti: L1, L2, L3. Potranno partecipare per tutti i mux i soggetti nuovi entranti e chi possiede al massimo un mux. Chi, invece, già ne possiede due, potrà “gareggiare” solo per un lotto.
Una eccezione è stata fatta per Sky (che ricordiamo si autoeliminò dall’asta quando ancora era gratuita, il “beauty contest”). L’emittente satellitare , pur avendo un solo mux digitale (dove trasmette in chiaro con Cielo) potrà concorrere solo per un lotto. Questo perché ha oltre il 50% della capacità trasmissiva sul satellite. L’Agcom ha voluto evitare eventuali posizioni di monopolio. Anche se la quota di mercato prevalente di Sky è relativa alla tv a pagamento.
Il Gruppo Espresso con Rete A e Deejtv, avendo già 2 mux, potrà partecipare solo per un lotto. Lo stesso discorso vale per Rete Capri. Potranno partecipare per tutti i lotti PrimaTv di Tarak Ben Ammar, Europa 7, la La7 di Cairo.
Bisogna precisare che i 3 lotti in vendita non sono tutti uguali. Hanno un “pregio” diverso anche se coprono tutti il 90% del territorio. I lotti L1 e L2 sono in banda Vhf: quella utilizzata dalla Rai e da Europa 7. L3 è, invece, in banda Uhf: utilizzata dalle emittenti private. In base a ciò i lotti L1 e L2 dovrebbero avere un valore di mercato inferiore perché per utilizzare al meglio quelle frequenze bisognerà appoggiarsi a quelle della Rai o avere degli impianti appositi.
Ora il disciplinare finale spetta al Mse e al ministro Corrado Passera. E ci vorrà più di un mese per scriverlo. Lo stesso Ministero lo ha precisato: «Per istruire una gara di questa complessità ci vogliono 35-40 giorni dalla ricezione del regolamento». I tempi sono stati confermati anche dall’Agcom. Ma viste le condizioni ancora “fluide” del nuovo governo e l’importanza della gara (è la prima asta per le frequenze tv nella storia d’Italia), il Mse potrebbe lasciare la pratica al nuovo governo, con tanto di relative incognite. Da parte sua Passera ha assicurato che «non intende lasciare tale compito al nuovo governo» e che si attiverà subito per mettere a punto il bando e il disciplinare di gara.
Una volta aperta l’asta potrà finalmente ritenersi chiusa la procedura infrazione che l’Ue ha inoltrato all’Italia per mancanza di pluralismo nel settore delle comunicazioni tv. Non a caso il documento è stato seguito, in ogni fase di elaborazione, dall’Unione europea. E ancora ora, a provvedimento approvato, il commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, vuole assicurasi che le regole dell’asta «offrano una genuina opportunità per nuovi entranti e piccole emittenti per entrare e/o espandersi nel panorama televisivo italiano».
I relatori del regolamento sono stati Antonio Martusciello (Pdl) e Maurizio Décina (Pd). Quest’ultimo ha commentato così: «Il provvedimento unisce 3 esigenze: apre il mercato ai piccoli e ai nuovi entranti, come chiesto dall’Ue che potrà quindi chiudere la procedura d’infrazione; lascia le frequenze da 700 Mhz allo sviluppo della banda larga e ultra larga che ha tanta importanza per l’economia; infine possiamo anche ristrutturare lo spettro, gravato da interferenze e problemi di copertura».
Ha commentato il nuovo regolamento anche Marcello Cardani, presidente dell’Agcom. «Le frequenze sottratte all’asta ci permettono di sanare una situazione caotica. Possiamo riportare ordine nel presente e pianificare per il 2020», ha affermato Cardani in un’intervista a Repubblica. E riguardo ad una domanda del giornalista del quotidiano del Gruppo Espresso sulla esclusione dei “big” eventualmente aggirabile, Cardani non ha escluso scenari ambigui: «Rai e Mediaset potrebbero anche comprare da un terzo una quinta rete nazionale. E l’operazione sarebbe lecita fino a quando il Parlamento stabilità con una legge il limite a quattro. Ma in tal caso dovrebbero cedere il 40% della capacità trasmissiva della quinta rete acquisita». Insomma, anche se qualcuno dovesse fare il “furbo”, l’Autorità non starebbe a guardare.
Passiamo ora al valore delle frequenze in vendita. Toccherà al Mse decidere la base d’asta. Si parla di 250-300 milioni per tutti e 3 i lotti. Il ragionamento per determinare la cifra è questo: l’utilizzo di un mux costerebbe 4 milioni di euro all’anno; si moltiplicherebbe la somma per 20 anni (tanto è il tempo della concessione); ecco che si arriva a 80 milioni a mux. Con 3 lotti si arriverebbe vicino alla cifra ipotizzata. Non è tantissimo soprattutto se la si paragona al valore delle frequenze destinate allo sviluppo della Lte. Per questo il ricavo potrebbe arrivare a superare 1 miliardo di euro. Ma di questo se ne parlerà nel 2018.
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