Non finiscono i problemi in relazione al diritto d’autore per l’infoprovider Artprice. Dopo la sentenza della Corte d’Appello di Parigi dello scorso luglio che ha condannato la società al pagamento di circa 900.000 euro alla casa d’asta Camard & Associates e al fotografo dei cataloghi, Stéphane Briolant, per aver digitalizzato e messo online i cataloghi stessi, questa volta a reclamare il rispetto del diritto d’autore sono gli eredi di Pablo Picasso. Artprice per la sua attività ha firmato un accordo con ADAGP, Societé des Auteurs dans Les Arts Graphiques et Plastiques, sullo sfruttamento delle opere d’arte, ma le opere di Pablo Picasso non fanno parte dell’archivio dell’ADAGP e sono gestite dai suoi successori, con un amministratore nominato dagli eredi stessi per la difesa dei diritti morali ed economici di Pablo Picasso.
Artprice ha pubblicato numerose riproduzioni delle opere di Pablo Picasso e, pertanto, è stata pertanto in giudizio dagli eredi del pittore dinanzi al Tribunal de Grande Instance di Parigi. Nella sentenza 28 ottobre 2011, la Corte si è pronunciata a favore del riconoscimento ai beneficiari e, a titolo di risarcimento per il danno subito ha richiesto una somma pari a 55.000 euro insieme al divieto alla riproduzione delle opere. Dopo la sentenza è stato presentato ricorso da parte dell’amministratore degli eredi in quanto l’importo è ben al di sotto le richieste degli eredi.
La sentenza della Corte ha fatto riferimento anche alla questione della violazione e della portata degli atti contestati in relazione alla diversa modalità di divulgazione dei contenuti e dei media utilizzati da Artprice.
L’uso delle opere, il nome e la reputazione di Pablo Picasso utilizzati per la pubblicità, senza autorizzazione rientrano nel caso della violazione del diritto d’autore, mentre gli screenshot del sito Artprice, sono oggetto di riserve di interpretazione da parte della Corte, in quanto le prove fornite attraverso l’utilizzo di motori di ricerca (22.707 che la Corte non ha ritenuto in pieno) indicano che le immagini, la firma non sono state riprodotte in date certe e quindi le condizioni di affidabilità della “cattura” di queste pagine non può essere sufficiente a fornire la prova della contraffazione.
Infine, per quanto riguarda i nuovi media come iPhone e Google Android, l’esistenza di un proprio sito web o i comunicati stampa sul sito di Numérama potrebbe essere suscettibile di costituire nuovi atti di infrazione, ma la Corte ha rilevato che i documenti sono solo annunci e che l’onere della prova dei fatti non è perseguita, quindi non provata. Infine le misure di risarcimento richieste dagli eredi Picasso ammontavano a 1 milione di euro per diritti patrimoniali e 500.000 euro per diritti morali sono stati ridotti a 300.000 e 30.000 euro per ogni capo d’accusa, mentre i divieti sono stati confermato. (sole24ore)