Ed eccola qua una sentenza della Corte europea che mette in discussione le lobby dei produttori e degli editori, quelli ricchi chiaramente, che lavorano nei corridoi per intingere le normative e gli ordinamenti di tutto il mondo di regolamenti e leggi, commi e sub commi per sostenere che in nome del diritto d’autore tutto è vietato. La lotta contro la pirateria è diventata una battaglia delle major e delle grandi emittenti contro la libertà di consumare informazione e cultura. Per fruirne bisogna pagare.
Dal modello francese per cui il divieto scorre lungo la banda, l’intimidazione ti arriva per email, o fai il bravo e paghi o ti disconnetto, al modello italiano alla Calabrò, che diviso tra il furore del poeta e l’ansia del regolatore, propone delibere che potrebbe brevettare nel caso che in Cina, non si sa mai, la vogliano adottare per restringere ulteriormente l’accesso alla rete. La sentenza non ho avuto ancora modo di leggerla. Se ne parlerà poco, probabilmente. Troppo occupati in questa fantasmagorica lotta a questi pirati che veleggiano indisturbati lungo i mari della libertà. Vietato.
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