In questi giorni è arrivato il via libera dell’esecutivo alla legge sull’equo compenso per il precariato giornalistico. Ad annunciarlo è stato lo stesso relatore e primo firmatario della proposta di legge, Enzo Carra (Udc). Adesso il provvedimento dovrà passare per l’esame in sede legislativa in commissione Cultura e poi avere il via libera del Senato.
La proposta di legge è senz’altro un primo passo importante per combattere l’irrisorietà dei compensi erogati dalle testate soprattutto per le collaborazioni di tipo autonomo ma le criticità da risolvere sono ancora molte. Tanto per iniziare, cosa si intende per “equo compenso”? Per l’articolo 1 del provvedimento l’equità retributiva è «la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto». E quale sia questo “trattamento economico” lo deciderà una Commissione istituita presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La Commissione avrà anche il compito di redigere un elenco degli editori che garantiscono il rispetto dei citati requisiti minimi. L’iscrizione in tale elenco è requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico in favore dell’editoria.
Questo significa che si verrà a creare una disparità tra le testate che presentano la domanda per accedere ai contributi statali – costrette a rispettare il tariffario indicato – e quelle che non accedono ai contributi. Giusto o sbagliato che sia, la proposta di legge farà ancora discutere. E, come abbiamo visto, il cammino per l’approvazione definitiva è ancora lungo.
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