Scossone ai colossi del web. Le multinazionali online saranno tassate e costrette a vendere beni e servizi in Italia attraverso società locali. L’Italia fa da apripista e, primo Paese nell’Unione Europea, introduce la cosiddetta «Web tax», sulla quale a Bruxelles si discute da diversi mesi. La novità arriva con un emendamento alla legge di stabilità approvato dalla commissione Bilancio della Camera, con il governo che si è rimesso alle decisioni del Parlamento, dando cioè un tacito assenso. La nuova imposta, introdotta dall’emendamento proposta da Edoardo Fanucci (Pd), prevede che i giganti del Web, da Google ad Amazon, dovranno avere la partita Iva italiana. In questo modo i volumi di vendita realizzati in Italia (sia nella vendita di pubblicità che nell’e-commerce, che nel gioco on line) sarebbero anche fatturati nel nostro Paese, con il conseguente gettito, mentre oggi vengono fatturati in altri paesi con regimi fiscali agevolati (per esempio l’Irlanda). Dubbi li hanno sollevati Giampaolo Galli e Marco Causi del Pd, timorosi che questa norma possa andare in contrasto con le normative europee visto che il dossier a Bruxelles non è stato ancora affrontato. La commissione ha pure approvato un emendamento di Stefania Covello (Pd) che mira alla tracciabilità: esso stabilisce che l’acquisto di servizi di pubblicità on-line deve essere effettuato mediante bonifico bancario o postale.