Le radio locali alzano la voce. Non vogliono “mancette” ma pretendono di essere prese in considerazione per l’elaborazione di un modello di sviluppo nuovo nel campo dell’editoria e, in particolare, dei media. Non ci stanno a finire stritolate le emittenti che, così, hanno per un attimo spento i microfoni e, impugnate carta e penna, hanno scritto direttamente al governo Draghi.
L’appello è arrivato qualche giorno fa e ha subito ottenuto adesioni e consensi dagli editori radiofonici di tutta Italia, dalla Campania fino al Piemonte e alla Lombardia. Per la precisione, a firmare la lunga lettera, sono: Gruppo Radio Amore (Sicilia), Radio Azzurra (Calabria), Radio Potenza Centrale (Basilicata), Radio Puglia (Puglia), Radio Ciccio Riccio (Puglia), Radio CRC targato Italia (Campania), RPZ Radio Punto Zero (Campania), Radio Club 91 (Campania), Radio Punta Nuovo (Campania), Radio Castelluccio (Campania), Radio Rock (LAZIO), Centro Suono 101e3 (Lazio), Radio Città Futura (Lazio), Radio Galileo (Umbria), Radio Max (Umbria), Radio ZaiNet (Toscana), Radio Nostalgia (Toscana), Radio 19 (Liguria), Radio Centrale (Emilia Romagna), Radio Number One (Lombardia), Radio Lombardia (Lombardia), Giornale Radio (Lombardia), Radio Nostalgia (Piemonte), Radio Mille Note (Lombardia), Radio Bergamo (Lombardia).
Il documento contiene il cahier de doleances degli editori locali della radiofonia. Come le piccole tv e i giornali di territorio, hanno costituito l’ossatura su cui s’è retta l’informazione durante le fasi più dure e spaventose della pandemia Covid. Adesso, però, rischiano – invece di goderne i frutti – di pagarne uno scotto che suonerebbe come una beffa alla luce del lavoro compiuto nei mesi scorsi. La missiva, oltre che al presidente del consiglio Mario Draghi, ai presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati Alberti, ai capigruppo parlamentari è, in maniera eloquente, indirizzata a “tutti i cittadini che vogliono un’informazione libera e plurale”.
Secondo gli editori radiofonici la situazione va affrontata subito: “Le radio libere a locali sono, nella storia e nella vita quotidiana degli italiani, una componente fondamentale del pluralismo delle voci nell’informazione, come voluto dai nostri Padri costituenti, ma risentono più degli altri media di un sistema sbilanciato sulla Tv, sui quotidiani cartacei, a loro volta sopraffatti ormai dai cosiddetti social media, con il loro carico di contraddizioni e rischi, rispetto alle quali le radio libere a locali sono presidio di democrazia. Una visione miope del sistema della comunicazione sta condannando le Radio libere e locali all’estinzione”.
E quindi un colpo che riporta alla mente i veri e propri soprusi politici miopi e ciechi portati avanti, ideologicamente, dai governi Conte, in particolare il primo, con l’ex sottosegretario Vito Crimi impegnato in una battaglia senza quartiere agli organi dell’informazione: “Gli ultimi governi hanno prima rinviato e poi abbandonato l’idea di una legge di riforma del sistema dell’editoria; anzi a seguito di spinte demagogiche e populiste si è tentato di “punire” tutte le voci libere dell’informazione, tra queste ovviamente le radio locali. I dati ultimi sono allarmanti: la pandemia ha colpito in profondità il sistema economico e la crisi si è scaricata soprattutto sul sistema radiofonico, più che su altri mezzi”.
Le misure finora messe in campo dalle istituzioni non bastano secondo gli editori radiofonici: “Nel contempo, la risposta del governo è state parziale a insufficiente: lo stanziamento di 50 milioni di euro per la trasmissione di spot e comunicati di servizio pubblico, un sostegno che per l’85% dello stanziamento è per le emittenti televisive. In questi giorni è stato approvato dal Senato il disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto “sostegni”; il provvedimento è ora in attesa di conversione definitiva alla Camera. II decreto è addirittura peggiorativo prevedendo la riduzione del contributo da 50 a 20 milioni, di cui come sempre solo II 15% alle radio locali. Senza un intervento pubblico di sostegno che premi quelle aziende che fanno informazione libera e professionale, con giornalisti, non c’è alcun futuro per le radio locali”.
Dunque l’appello, senza mezzi termini: “Gli editori radiofonici non chiedono e non vogliono “mancette” ma contributi per lo sviluppo del sistema plurale delle voci. Interventi strutturali finalizzati alla transizione al digitale (in linea con il Next Generation Eu e il Piano nazionale di ripresa a resilienza), attesa da ben 20 anni, che permetterebbe un enorme risparmio energetico e un contributo decisivo di riduzione di ogni impatto ambientale, con una migliore qualità dei servizi e dei programmi. E ancora un sostegno finalizzato dei prodotti delle agenzie di stampa, alle assunzioni di giornalisti e di personale tecnico qualificato. Occupazione giovanile, nuove risorse di uomini e donne, di artisti e professionisti dell’informazione e dell’intrattenimento, con una modernizzazione degli impianti a delle tecnologie, dentro il solco della transizione ecologica digitale, per recuperare i divari tra generi, generazioni e territori, come ci viene chiesto dall’Europa nelle azioni del Recovery Fund”.
Ma non basta: “Gli editori radiofonici chiedono nell’immediato sostegni economici ma anche una Legge quadro per l’editoria e l’informazione dove la radio libera e locale, con le sue mille voci, possa continuare ad essere il medium della vita quotidiana di ciascun cittadino. Una strumento centrale nel sistema globale della comunicazione, per sottrarsi alle voci uniche e ai gruppi dominanti. Un sistema che riconosca e valorizzi tutti i diritti di autore e discografici in piena trasparenza, che abbia al più presto un efficiente sistema di rilevazione degli ascolti, vitale per reperire le risorse economiche. La Radio – e quella locale a piano titolo – deve essere un servizio fruibile su tutte le piattaforme di distribuzione per offrire i propri prodotti in ogni istante della vita quotidiana. FM, DAB, Internet e i nuovi aggregatori universali dei flussi streaming. Non si può più attendere”.
L’appello delle radio non è passato inosservato. E dalla politica già si sono alzate, nelle scorse ore, voci a sostegno delle richieste avanzate dagli editori radiofonici. Il deputato di Forza Italia Gigi Casciello intervistato proprio da Radio Crc, una delle testate “firmatarie” dell’appello degli editori radiofonici, ha dichiarato: “Già un mese fa mi sono fatto promotore di un documento firmato da tutti i rappresentanti dei partiti presenti nella commissione cultura ed editoria affinché il Governo individuasse fondi adeguati a favore dell’editoria e anche, ovviamente, per le emittenti private e per le radio libere che spesso sono il vero collegamento tra le comunità e le istituzioni. Da questo punto di vista le radio assolvono un compito molto importante”. Quindi ha aggiunto: “Sostenere le radio significa sostenere la crescita del paese. In questi mesi di pandemia la corretta informazioni è stata fondamentale per combattere il virus Covid. Il Pnrr non può essere visto come la cura di tutti i mali. Ci sono vincoli molto forti sia in termini di attuazione che di progettazione. Per la cultura e anche per l’informazione ci sono risorse. Per le emittenti radiofoniche bisogna pensare a una riforma strutturale”. Infine Casciello ha concluso: “In commissione cultura da molto abbiamo aperto un ragionamento. Spero che il tempo che resti alla legislatura sia sufficiente per approvare la riforma dell’intero comparto che sicuramente prevede un sostegno forte da parte dello Stato, per un settore che più di altri, e non solo in tempo di pandemia, sta pagando una carenza strutturale. Mi fa piacere che anche i 5 stelle abbiano cambiato un po’ idea, per loro esistevano solo i social”, ha concluso Luigi Casciello.
Sul tema è intervenuto anche il deputato Fratelli d’Italia Federico Mollicone che in una nota ha spiegato: “Sosterremo l’appello “accendiamo le radio” e ne trasformeremo le istanze in azione parlamentare: è doveroso portare avanti un complessivo riordino del sistema. Abbiamo sostenuto la transizione digitale della radiofonia con il DAB e promosso più volte, nel corso delle discussioni sul PNRR, sostegni per l’editoria, in particolare per nuove assunzioni e per garantire la transizione digitale ed ecologica. Lo abbiamo fatto anche nella risoluzione unitaria in commissione Cultura alla Camera”. E quindi ha aggiunto: “Gli editori radiofonici chiedono nell’immediato sostegni economici ma anche una legge quadro per l’editoria e l’informazione. Quello del dl Sostegni bis è un primo segnale d’attenzione, anche se non esaustivo, per la tutela dei posti di lavoro e per la difesa del comparto di un settore che rischia di soccombere nel confronto con le piattaforme digitali e l’editoria straniera. In sede di conversione del decreto presenteremo emendamenti per più fondi per il comparto. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è presente un intervento limitato per l’innovazione dell’editoria, con un rimando nella linea di intervento Transizione 4.0.”
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