Antitrust, primi risultati dell’indagine conoscitiva sui Big Data

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A poco più di un anno dall’avvio dell’indagine conoscitiva sui Big Data, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e il Garante per la Protezione dei Dati Personali intendono fornire un’informativa preliminare sulle attività di approfondimento condotte e sulle evidenze emerse.

Nel corso di questa prima fase dell’indagine sono stati sentiti in audizione alcuni dei protagonisti dell’economia digitale, i cd. Over-The-Top (OTT), imprese operanti in alcuni settori fortemente interessati dal fenomeno dei Big Data (ad esempio, imprese editoriali, aziende di credit scoring, gruppi bancari e compagnie di assicurazione), esperti e studiosi. A tutti i principali operatori dell’economia digitale sono state inviate dettagliate richieste di informazioni.

Nel corso dell’indagine conoscitiva, attraverso tre prospettive diverse e complementari, sono stati approfonditi i cambiamenti derivanti dai Big Data sugli utenti che forniscono i dati, sulle imprese che li utilizzano e, dunque, sui mercati. Ciò anche al fine di cogliere appieno le possibili sinergie tra le tre autorità e identificare gli strumenti più appropriati per eventuali interventi.

Gli utenti come fornitori di dati

Il rapporto che si instaura tra gli utenti che forniscono dati personali e le imprese che forniscono i servizi digitali assume sempre più centralità nel funzionamento dei mercati. In questo contesto, l’Antitrust ha condotto un’indagine su un campione di utenti di servizi online, che affronta tre questioni: i) il grado di consapevolezza degli utenti delle piattaforme digitali in relazione alla cessione e all’utilizzo dei propri dati individuali; ii) la disponibilità degli utenti a cedere i propri dati personali come forma di pagamento dei servizi online; iii) la portabilità dei dati da una piattaforma all’altra.

I risultati di tale indagine sono illustrati nel dettaglio nel documento allegato (“Indagine conoscitiva sui Big Data. Analisi della propensione degli utenti online a consentire l’uso dei propri dati a fronte dell’erogazione di servizi”). [Testo documento]

L’indagine svolta mostra che circa 6 utenti su 10 sono consapevoli del fatto che le loro azioni online generano dati che possono essere utilizzati per analizzare e prevedere i loro comportamenti, e appaiono altresì informati dell’elevato grado di pervasività che il meccanismo di raccolta dei dati può raggiungere (ad esempio, sulla geo-localizzazione e sull’accesso di diverse app a funzionalità come la rubrica, il microfono e la videocamera) nonché delle possibilità di sfruttamento dei dati da parte delle imprese che li raccolgono.

Dall’indagine emerge che esistono spazi di miglioramento per accrescere la consapevolezza degli utenti, infatti: i) la maggioranza degli utenti legge solo in parte le informative (54%) o non le legge affatto (33%); ii) gran parte degli utenti dedica un tempo limitato alla loro lettura; iii) un’ampia maggioranza del campione considera che le informazioni fornite possono risultare poco chiare.

Anche utenti che non sono del tutto consapevoli della stretta relazione esistente tra cessione dei dati e gratuità del servizio, non di rado acconsentono all’acquisizione, utilizzazione e cessione dei propri dati personali. Gli utenti che invece negano il consenso lo fanno soprattutto in ragione dei timori di un improprio utilizzo dei propri dati: le preoccupazioni riguardano sia l’utilizzo a fini pubblicitari (46,7%) sia, ancor di più, l’utilizzo per altre finalità (50,2%).

Nel complesso, in ogni caso, 4 utenti su 10 sono consapevoli della stretta relazione esistente tra la concessione del consenso e la gratuità del servizio. Oltre 3/4 degli utenti intervistati, tuttavia, dichiara che sarebbe disposta a rinunciare ai servizi e alle app gratuite per evitare che i propri dati siano acquisiti, elaborati ed eventualmente ceduti. A fronte di ciò, comunque, solo la metà degli utenti dichiara che sarebbe disposto a pagare per servizi/app oggi forniti gratuitamente al fine di evitare lo sfruttamento dei propri dati (pubblicitario o di altro tipo).

Infine, dall’indagine emerge che attualmente solo 1 utente su 10 è consapevole dei propri diritti in materia di portabilità dei dati, anche se circa la metà degli utenti mostra interesse ad ottenere una copia dei propri dati. Lo scarso interesse all’utilizzo della portabilità è dovute alla scarsa propensione ad utilizzare altre piattaforme/applicazioni (41,1%), ad una limitata sensibilità sulla rilevanza di tali dati (36,1%) nonché alla percezione di un’elevata complessità degli strumenti tecnologici (30,4%).

L’utilizzo dei dati a fini commerciali

All’approfondimento del ruolo degli utenti come fornitori di dati, segue l’analisi dell’utilizzo di tale risorsa sia da parte delle imprese attive nei mercati data-driven nel settore digitale sia da parte di imprese che operano in settori tradizionali. Anche quest’ultime, infatti, fronteggiano le opportunità e le sfide derivanti dalla disponibilità di un insieme sempre più ampio e dinamico di dati. In particolare, l’Autorità ha approfondito l’evoluzione in corso nel settore bancario e in quello assicurativo, entrambi storicamente caratterizzati da un utilizzo intenso dei dati.

Big Data rappresentano per le imprese bancarie e assicurative un’importante opportunità per accrescere la conoscenza della clientela, arricchendo la comprensione delle preferenze e delle abitudini dei consumatori, in particolare con una più efficace individuazione del profilo di rischio del singolo cliente, al fine di sviluppare prodotti e servizi personalizzati, favorendo al contempo l’innovazione, l’inclusione finanziaria e una maggiore concorrenza. Inoltre, ulteriori benefici possono scaturire dall’ottimizzazione dei processi interni, con ricadute positive in termini di efficienza e riduzione dei costi, e nella lotta alle frodi.

Accanto agli indubbi benefici si devono rilevare alcune possibili criticità, tra cui gli effetti potenzialmente discriminatori della profilazione e della valutazione del rischio dei singoli clienti, nonché problemi di cyber security, particolarmente delicati in virtù della natura delle informazioni di carattere finanziario, oltre che personale.

L’indagine sin qui svolta mette in mostra due diverse risposte alle sfide poste dalla rivoluzione digitale e dai Big Data che sembrano convivere. In alcuni casi, la consapevolezza di un certo ritardo nello sfruttamento dei dati a disposizione spinge le imprese ad attrezzarsi per far fronte ai profondi cambiamenti del contesto competitivo, sollecitando, al contempo, i policy maker e le autorità di settore ad una particolare attenzione all’uniformità delle regole e delle condizioni del “campo da gioco” (level playing field). In altri casi, si rileva una ricerca di “protezione” da parte degli operatori già presenti sui mercati interessati, al fine di conseguire l’accesso ai dati a disposizione delle grandi piattaforme, raffigurate come potenziali concorrenti in grado di assumere rapidamente posizioni di rilievo, proprio in ragione della capacità di elaborazione dei Big Data di cui dispongono.

I prossimi sviluppi dell’indagine e le implicazioni di policy

L’indagine, la cui conclusione è prevista per la fine del 2018, consentirà all’Antitrust di approfondire le implicazioni dei Big Data sull’esercizio delle proprie competenze sia in materia di tutela della concorrenza che di tutela del consumatore. In particolare, nella seconda fase dell’indagine saranno affrontati temi quali: i) l’analisi del potere di mercato e degli effetti delle concentrazioni, anche conglomerali, nell’economia digitale; ii) la dimensione qualitativa del confronto concorrenziale in mercati in cui i servizi sono offerti gratuitamente; iii) il ruolo della portabilità per ridurre gli swtiching costs e assicurare la contendibilità dei mercati; iv) gli effetti dell’utilizzo dei dati per profilare e offrire agli utenti servizi e condizioni commerciali personalizzate. Gli sviluppi di questi temi potranno beneficiare anche delle significative complementarità esistenti tra tutela della concorrenza e del consumatore in relazione al fenomeno dei Big Data, come mostra già l’esperienza maturata dall’Autorità in alcuni importanti casi relativi alle piattaforme digitali.

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