Nei giorni scorsi l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha predisposto in via cautelare l’inibizione dell’accesso per gli utenti italiani al network di e-commerce di prodotti esteri gestito da Private Outlet, per “gravi ed invasivi comportamenti nei confronti dei consumatori”.
La novità non risiede tanto nel provvedimento in sè ma nel metodo e nelle ragioni addotte per rendere operativo il sequestro preventivo – attuato in via amministrativa – della piattaforma, imponendone l’oscuramento a 218 provider italiani a partire dal 12 marzo scorso. Una facoltà di cui, per inciso, anche l’Autorità Garante delle comunicazioni potrebbe presto avvalersi per tutelare il copyright sulle reti di comunicazione elettronica, ma, quanto meno, sulla base di una delibera (398/2011) fungente da quadro regolamentare nonché fonte sub-costituzionale.
Come replica l’avv. Fulvio Sarzana dalle pagine del proprio blog, nel caso di Private Outlet non si è trattato di vendita di prodotti griffati “contraffatti” ma di infrazione del Codice del consumo che all’art.27 comma 3 (Autodisciplina) prevede normalemente una prassi di inibizione delle irregolarità impugnate, previa convocazione dei soggetti interessati.
L’illecito contestato, che è valso l’ordine unilaterale di oscuramento via Isp del portale sospettato di violazione, atterrebbe a questioni relative al mancato rispetto delle norme sulla garanzia dei prodotti (disponibilità della merce con sconti fino al 70%), sulla spedizione e sui tempi di consegna dei beni (assenza dei codici di spedizione Bartolini con la convalida dell’invio dei prodotti nonché mancato risarcimento degli utenti “truffati”). Per l’Antitrust il limite riscontrato nel servizio clienti della società incriminata comporterebbe delle “ostruzioni all’esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori”, tali, da ritenere opportuno scavalcare la competenza di giudizio riservato alla magistratura ordinaria e procedere così all’oscuramento cautelare dei portali senza la possibilità, per quest’ultimi, di fare ricorso onde verificare i presupposti di legittimità della misura applicata. Una previsione ancor di più lecita di fronte all’entità dell’intervento posto in essere dall’Authority che ha coinvolto, oltre l’azienda italiana Private Outlet Srl, anche le versioni francese, inglese e tedesca della piattafprma in questione.
Secondo l’avv. Sarzana, esperto di diritto dell’Informatica e delle Telecomunicazioni, quello assunto dall’Agcm coinciderebbe con un potere cautelare “che ha tutte le caratteristiche di un sequestro preventivo penale” ed in quanto tale da sottoporsi più coerentemente al vaglio dei giudici, specie dopo le recenti sentenze dei Tribunali delle libertà di Padova e Belluno. Le pronunce sul Caso Moncler e Vajont.info, pur ammettendo la sussistenza dei reati contestati (contraffazione merci con segno mendace in un caso e diffamazione nell’altro), hanno di fatto revocato l’obbligo di blocco indiscriminato a mezzo del codice dell’indirizzo (Ip) e del nome del dominio (Dns) dei siti internet posti sotto accusa, attraverso una interpretazione estensiva degli artt. 322 e 324 del c.p.p.
Nel provvedimento amministrativo dell’Antitrust gli esperti ravvisano una “eccedenza” di stampo procedurale ma non solo. Come ribadito dall’avv. Sarzana,la misura adottata nei confronti dei fornitori di hosting andrebbe “al di là di quanto previsto dalle norme italiane in tema (ovvero l’art 14, comma 3, l’art 15, comma 2 e l’art 16, comma 3, del decreto legislativo 70/2003)”, avvertendo sul rischio derivante da una simile impostazione in base a cui “dovremo attenderci ad esempio che l’Antitrust in caso di vendite effettuate tramite piattaforme di aste, provveda a ordinare in via cautelare al titolare della piattaforma (ed intermediario) la cancellazione di tutti gli account che non rispettano i dettami del codice del consumo, imponendo del pari ai provider di non dare accesso a quella stessa piattaforma”.
L’esperto di Informatica Stefano Quintarelli si sofferma anche sul limite connesso all’efficacia dell’intervento inibitorio ai fini dell’interruzione dell’attività presunta illecita. Nel provvedimento cautelare di inibizione l’Antitrust cita uno specifico indirizzo IP al quale corrispondono altrettanti nomi di dominio. ” E se cambia indirizzo IP? – replica Quintarelli – È ancora corrispondente? E se cambiano nome? Ribadisco, se è uno che truffa, non è meglio disporre agli intermediari di pagamento di NON processare i pagamenti?”.
A superare le perplessità relative alla natura del provvedimento in questione ci ha pensato il segretario generale di Adconsum, Pietro Giordano, invocando l’istituzione presso il Ministero dello Sviluppo Economico di una Centrale Rischi “che permetta al consumatore di segnalare i siti non ritenuti corretti, e che sia in grado di procedere a controlli veloci ed eventuali chiusure del sito”. Una soluzione che per il Presidente dell’Associazione Italiana Commercio Elettronico (AICE), Andrea Spedale, rappresenta “la sola modalità che possa aiutare il mercato nel suo complesso a maturare e nello stesso tempo che prevenga azioni unilaterali ed estreme come l’oscuramento del sito e-commerce privateoutlet.com”.
Manuela Avino
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