«Il triennio 2009‐2011 ha rappresentato un periodo difficile per l’editoria
giornalistica, i cui problemi strutturali sono stati aggravati dalla seria crisi
economica e finanziaria che ha coinvolto l’intero Occidente e che ha
portato il nostro Paese in recessione.
Lo studio su “La Stampa in Italia”, realizzato come di consueto dal Centro
Studi della Fieg, fotografa questa realtà mettendo in evidenza le difficoltà del settore derivanti da fattori endogeni come la crisi del media cartaceo e
da fattori esogeni che, a partire dalla congiuntura economica,
intervengono sul calo della domanda e accentuano la flessione
pubblicitaria. Si aggiunga il tumultuoso avanzare delle tecnologie digitali
che hanno dirottato le esigenze d’informazione verso mezzi diversi da
quelli stampati». Così il presidente della Fieg, Giulio Anselmi introduce lo studio “La Stampa in Italia 2009-2011 presentato oggi a Roma.
La crisi colpisce il mondo intero ma in Italia i problemi sono ancora più complicati dai limiti storici della nostra
Editoria e dalle lentezze del nostro Paese nello sviluppo.
Si era pensato – ha ricordato Anselmi – «di aprire un tavolo per l’Editoria, sull’esempio di quanto era stato fatto in Francia con gli “États généraux de la Presse” voluti da Sarkozy per approfondire l’analisi del ruolo e delle funzioni della stampa come
strumento di informazione e di cultura e di elaborazione di orientamenti e
di sistemi valoriali che concorrono a dare significato e spessore al concetto
stesso di democrazia. Ma il tavolo dev’essere ancora apparecchiato».
«Gli editori italiani – ha affermato Anselmi – sanno che non è più tempo di interventi a pioggia e di
distribuzione indiscriminata di risorse. Pubblicamente e ripetutamente si
sono detti favorevoli a una ventata di moralizzazione e trasparenza. Ribadisco
che occorre indirizzare i contributi pubblici verso i giornali
veri: per copie vendute
e per numero di dipendenti con regolari
contratti. Conseguentemente nella determinazione dei contributi
dovrebbero essere eliminate le distorsioni, ad esempio quelle che si
esprimono attraverso i “giornali panini”. Mentre altri canali più propri
rispetto a quelli dell’editoria dovrebbero riguardare la stampa dei partiti
che già dispongono di altre fonti di finanziamento».
«L’intervento pubblico, ad esempio per favorire la trasformazione tecnologica con una forte spinta
all’innovazione, sembra giusto e rispondente a una logica di tutela del
pluralismo: ma è evidente che si dovrà trattare di un’operazione a termine
perché non realizzi un accanimento terapeutico e divenga un vizio
strutturale. Mentre apparirebbero virtuosi incentivi sul fronte della
domanda, come interventi fiscali per diffondere la lettura dei giornali tra i
giovani».
«Il processo di liberalizzazione e modernizzazione della distribuzione
avviato dal governo attua un disegno, che potrà essere valutato al suo
completarsi, a cui gli Editori, pur con qualche ritardo, rispondono con un
impegno per l’informatizzazione della distribuzione e delle edicole:
l’obiettivo è offrire una nuova rete al Paese che si tradurrà in un servizio
per i cittadini e in un elemento di chiarezza su vendite e rese nell’interesse
del mercato e dei suoi protagonisti».