Ecco le pecche del ddl Chiti-Gapsrri: sanzioni pecuniarie eccessive, estensione delle rettifiche ai siti, sanzioni disciplinari anticostituzionali, responsabilità ingestibili ai direttori. E poi per pubblicazione arbitraria di atti e violazione della privacy c’è ancora il carcere.
Una solo cosa è chiara: il ddl in discussione al Senato eliminarà il carcere per il reato di diffamazione. E quindi eviterà che Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione, vada in galera. Sul resto non mancano i dubbi.
Iniziamo dalle sanzioni pecuniarie. Per molti addetti ai lavori sarebbero eccessive: multa minima di 5 mila euro e risarcimento danni , sempre minimo, di 30 mila. Lo ha sottolineato ieri il Giornale, quotidiano diretto da Sallusti: «Oggi se un giornalista pubblica un aggettivo di troppo, un’inesattezza, un giudizio, causando un danno, al massimo può essere condannato a una multa di poche centinaia di euro In futuro (il massimo non è fissato), in teoria potrebbe dover pagare anche milioni. I giornalisti di solito non pagano, perché paga, «in solido» l’editore. Il rischio, dunque, è quello di mettere in ginocchio i giornali (già in crisi) e di lasciare impuniti i querelanti selvaggi». Tuttavia tale affermazione è stata smentita da una dichiarazione dello stesso Chiti, co-redattore del ddl: «Le sanzioni pecuniarie non supereranno i 50 mila euro».
Fra qualche giorno il ddl dovrebbe passare alla Camera per l’approvazione definitiva e non è ancora chiaro cosa conterrà! Si aspettano certezze.
Un altro punto “semifermo” è l’obbligo di rettifica. In effetti è già previsto, ma non viene rispettata adeguatamente. La rettifica, con la nuova legge, dovrà avere lo stesso rilevo della notizia diffamante.
Per Gasparri, altro co-redattore del ddl, la rettifica potrebbe essere estesa a siti, libri e giornali non periodici. Andiamo per ordine. Per quanto riguarda la rete l’obbligo sarà esteso tout court ai giornali on line (ovvero ai siti con esplicito carattere editoriale); questi dovranno eliminare la notizia falsa (sempre se sia possibile tecnicamente) e pubblicare la rettifica. Ciò non vale per i blog. Lo stesso Chiti ha ammesso l’estrema difficoltà a legiferare in tal senso. In effetti non si capisce ancora, giuridicamente, se possono essere paragonati a luoghi pubblici, come un bar o una piazza, o a mezzi stampa. Per quanto riguarda i libri e tutta la stampa non periodica, questi non possono, materialmente, pubblicare celermente la rettifica. Dunque non è escluso che sia ordinato loro di acquistare una pagina di un quotidiano per correggersi. Inoltre la rettifica, se fatta a dovere, dovrebbe evitare il processo.
Si è parlato anche di sanzioni disciplinari: sospensione e radiazione. Possibile il ricorso, per tali evenienze, del giurì d’onore. Per i recidivi la sospensione dalla professione potrebbe significare anche la decadenza della abilitazione. Il che significa rifare l’Esame di Stato. Per Vittorio Feltri, collega di Sallusti al Giornale, sarebbe inconcepibile: «Sarebbe contro la Costituzione. La libertà di espressione non è mai sopprimibile».
Dunque il ddl che evita il carcere per il giornalisti non sta avendo grande successo. Ed è la stessa stampa che lo critica. Ad esempio Marco Travaglio ha scritto: «Il ddl Chiti-Gasparri è una porcata che si limita ad abrogare le pene detentive tout court, anche per i diffamatori professionali e incalliti [per la diffamazione violenta e calunniosa la giurisprudenza europea prevede la reclusione, ndr].È una schifezza liberticida spacciata per un capolavoro di civiltà, solo perché nessun giornalista rischierà più il carcere (finto perché nessuno, fino ad ora, ci è mai andato)». Ma delle pene pecuniarie esagerate potrebbero avere lo stesso effetto deterrente. È della stessa opinione Filippo Facci, giornalista di Libero: «La nuova legge è una toppa peggiore del buco. Tutti si metterebbero a querelare, confidando nella statistica, il che non solo ingolferebbe i tribunali, ma terrorizzerebbe i giornalisti. Tutto per scongiurare una carcerazione che non veniva disposta praticamente mai».
E poi c’è il “capitolo” direttori. Il ddl estende la responsabilità del direttore anche alle testate radiotelevisive e agli altri mezzi di diffusione, ad esempio il sito web di un quotidiano. Ma non è ancora chiaro se questa responsabilità varrà per tutti i siti a carattere editoriale. In ogni caso per un direttore responsabile è già praticamente impossibile controllare tutte le pagine del suo giornale, figuriamoci tutte i contenuti di un sito.
Infine l’ultimo appunto. All’inizio dell’articolo è stato scritto che il ddl eliminerà il carcere per i reati di diffamazione. Ma un giornalista può finire in galera anche per altri reati. La pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale preveda ancora l’arresto (alternativo alla multa). E poi la violazione della privacy, bene di grado inferiore alla reputazione, prevede la pena detentiva fino a 3 anni. E in tal caso non è neanche necessaria la querela.
Non ci resta che aspettare qualche emendamento illuminato.
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