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Amadeus, la Rai e i quiz perduti: l’accusa di Usigrai

Amadeus ha lasciato la Rai, con qualche parola e qualche assente. L’idilliaco matrimonio di Sanremo s’è sciolto con l’ultima edizione della kermesse, all’esito di una lunga e (poco) appassionante telenovela dal finale più citofonato di quella di una telenovela venezuelana degli anni ’80. Eppure, proprio come accade in ogni soap che si rispetti, l’argomento è tutt’altro che esaurito. Se è vero, come lo è, che Usigrai ha licenziato nella giornata di ieri una nota durissima, l’ennesima, che bacchetta i vertici di viale Mazzini paventando scenari scivolosi per la tenuta dell’azienda nel caso in cui Amadeus, tra le sue valigie, porterà a Nove anche Pacchi, Soliti Ignoti e via quizzando. Si parla già di un nuovo programma, chiamato Identity, che potrebbe parafrasare (a dir poco) lo show del preserale sull’indovinare l’identità dei partecipanti. Roba già vista, e perciò di sicuro successo, del resto questa è l’idea alla base dell’ingaggio di Amadeus: l’usato sicuro, che non passa mai di moda.

Il sindacato dei giornalisti Rai va all’assalto e in un documento afferma: “Se Amadeus lascia la Rai e si porta via anche i format di successo, il problema per l’azienda non è di poco conto. In ballo ci sono contratti pubblicitari e pubblico che potrebbero insieme cambiare canale”. E ancora: “Eppure a viale Mazzini fanno finta di niente e i vertici, vecchi e nuovi allo stesso tempo, si mostrano gaudenti di firmare nuovi contratti plurimilionari mentre dall’altra parte disdettano accordi sindacali o provano sottoscriverne di nuovi senza aver messo nel conto alcuna valutazione relativa a un piano industriale del quale ancora non sono misurate le ricadute sull’organizzazione del lavoro e sui conti dell’azienda”. Per i giornalisti del sindacato “a poco valgono le generiche rassicurazioni dei vertici in scadenza sul mantenimento dei perimetri occupazionali, da parte nostra registriamo solo tagli reali alle retribuzioni, azzeramento degli investimenti sulle news, riduzione degli organici, chiamate dirette di nuovi collaboratori esterni e una innaturale proliferazione di qualifiche ad personam che appare più spesso sganciata da qualsiasi ragionamento industriale e di prodotto”. La conclusione è decisa: “Una logica complessiva che sta aumentando il lavoro di desk dei giornalisti che, senza troupe e tecnici per realizzare i servizi, non escono più dalle redazioni e sono sempre più condizionati dall’uso di immagini e notizie confezionate dagli uffici stampa invece che dalla possibilità di verificare direttamente i fatti per una informazione che sia realmente al servizio dei cittadini e non megafono di interessi particolari”.

Luca Esposito

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