Dopo i drammatici epiloghi dei fatti di Parigi, il Ministro degli Interni Angelino Alfano annuncia un rafforzamento dei dispositivi antiterrorismo anche nel nostro Paese.
Tra le misure da proporre al prossimo Consiglio dei Ministri, Alfano ha previsto anche di stilare una black list di siti web inneggianti al terrorismo. Ma dalle parole del Ministro non è chiaro il ruolo che i provider dovrebbero avere in questo delicato compito, in bilico tra sicurezza e libertà.
I provider si sostituiscono ai giudici?
Nel suo discorso alla Camera, il Ministro sembra avere detto « Tra le norme che proporrò ci sarà anche un’azione sui provider che possono aiutare a trovare i messaggi di radicalizzazione sul web». In questo modo Google&Co. diventerebbero un vero e proprio occhio invisibile di orwelliana memoria, capaci di controllare i movimenti di tutti gli utenti della rete. Eppure le leggi europee e nazioni lo proibirebbero.
Più plausibile sembra invece una seconda dichiarazione circolata sui siti di informazione, in cui il Ministro pare aver detto che i provider potrebbero sì intervenire per oscurare siti inneggianti al terrorismo, ma solo su ordine dell’autorità giudiziaria. Nulla di diverso, insomma, rispetto a quanto già avviene ogni giorno, in conformità alle leggi penali.
La corsa alle soluzioni ed i rischi per la libertà del web
Sulla scia dei tragici fatti di Parigi è forte la tentazione di lasciarsi andare in proclami per rassicurare i cittadini sulla sicurezza. Più grave sarebbe approfittare della paura collettiva per limitare i diritti degli utenti della rete, proprio nei giorni in cui i vignettisti di Charlie Hedbo hanno pagato col sangue il prezzo della loro libertà.
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