Alla Corte Costituzionale il vaglio sulla legittimità dei tagli all’editoria

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I contributi all’editoria negli ultimi anni si erano trasformati in una sorta di eventualità: quasi un’elargizione del Governo; avallando le teorie di chi, come i cinque stelle, si sono sempre dichiarati contrari al sostegno pubblico all’editoria in quanto limita l’autonomia dei giornali rispetto alla politica. Dimenticandosi che i contributi all’editoria sono previsti esplicitamente dalla Costituzione e che vengono erogati sulla base di una legge dello Stato. Il problema, rilevato dal Giudice della prima sezione civile di Catania nella sentenza, è che il diritto ai contributi ha tale rilevanza pubblica da non poter subordinato a decisioni, spesso postume, dell’esecutivo. E la decisione del giudice civile va nella stessa direzione tracciata, come motivazione di principio dal Tar della Sicilia che con la precedente sentenza n. 2447 del 22 ottobre 2015, dichiarando al contempo la propria incompetenza giurisdizionale, che poteva sollevarsi in questione di legittimità costituzionale rispetto all’intero sistema prefigurato dal comma 62 dell’articolo 2 della legge 191/2009, quella che ha eliminato il diritto soggettivo, laddove sottopone il sostegno all’editoria ad un atto politico presupposto e, pertanto, irragionevole. Come detto, proprio in questa direzione il Giudice civile nella sentenza ritiene che il Governo non poteva, in relazione ai contributi relativi al 2013, decidere, tra l’altro per due volte, sullo stanziamento, nonostante la valutazione “politica” fosse stata allo stesso delegata da una legge. E, allora, il profilo rilevato dal Giudice è quello della legittimità costituzionale della norma che rimandando all’esecutivo le determinazioni relative al quantum del contributo, anche con decisioni postume rispetto ai tempi di maturazione del diritto ai contributi, lede, da un lato, il legittimo affidamento delle imprese e, dall’altro, il principio di autonomia dell’informazione rispetto all’esecutivo, premessa del sostegno pubblico.
Si tratta di una sentenza che rimanda, chiaramente, al Giudice costituzionale un approfondimento circa l’effettiva legittimità della norma, ma che apre da subito lo spunto ad una seria riflessione circa la sciatteria con cui la politica ha tratto un tema, quello del rapporto tra informazione e Stato, che meritava ben altro respiro.

(Enzo Ghionni)

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