La realtà è che per ogni giornale cartaceo che chiude, e ne chiudono tanti, ce ne sono almeno due digitali che fanno la stessa fine. Per carità di siti d’informazione sul web ce ne sono tanti, ma sono fatti in modo artigianale, giri e rigiri di agenzie, parole al vento. Manca l’impianto e l’organizzazione di un’informazione ragionata che può essere garantita solo attraverso l’organizzazione di mezzi e risorse. E Linkiesta è ancora – ed auguriamoci che rimanga – un prodotto editoriale nel senso tecnico del termine, con una redazione, e gente, che ci lavora.
Il passaggio al digitale è una necessità per i giornali, questo non vi è dubbio, ma non era, non è e non sarà la ricetta magica, la panacea di tutti i mali come continuamente riportato negli slogan dei supercazzolari soloni che da anni stanno devastando il settore, presi dalla smania di soddisfare la pancia della demagogia che sta governando il Paese. Il risultato è che sicuramente ci sta un ottimo giornalista in giro in più e probabilmente un ottimo sito d’informazione in meno. Quei qualcuno che vogliono i giornali chiusi stappino pure l’ennesima bottoglia.
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