Aldo Grasso ha fotografato la rivoluzione della televisione. Che, per venire incontro alle esigenze di un pubblico che ormai ha imparato a navigare sulle correnti della rete, diventa sempre più digitale e si avvicina a un modello che si smarca, sempre di più, dal modello tradizione di mezzo unidirezionale.
Grasso la chiama “total tv” e nell’analisi pubblicata dal Corriere della Sera, spiega che: “Non siamo più prigionieri dell’ orario dei treni. Anche i contenuti della tv generalista viaggiano ormai in rete, sono visti su tutti gli apparecchi, telefonini compresi, sia in diretta che in differita. Chi guarda la tv ha ormai la radicata certezza che nulla è più transitorio. Se il palinsesto resta un grande aggregatore, sempre più italiani sono in grado di recuperare quel che hanno perso, grazie all’ on demand, nei giorni successivi”.
E’ dunque finita l’epoca delle corse a rotta di collo a casa per non perdersi la puntata dello sceneggiato preferito. Anche perché della “rivoluzione digitale” chi si è davvero avvantaggiato sono le fiction che, come spiega Grasso citando alcune ricerche: “I contenuti «long form» (per esempio la fiction) raddoppiano i propri ascolti digitali dopo trenta giorni dalla messa in onda. Una vera rivoluzione nel ciclo di vita dei contenuti televisivi. Chi guarda la tv la concepisce, quindi, sempre più «à la carte», personalizzata, e in mobilità”.
Come sempre accade, la pandemia non ha svolto che il ruolo di acceleratore dei fenomeni che erano già in nuce. E chi ha pensato, anche per un solo istante, che la televisione fosse sul punto di dare il suo “mortal sospiro” deve riconoscere d’aver sbagliato, e alla grande, la sua analisi: “Col lockdown, per esempio, gli italiani hanno scoperto la smart tv: la guerra per la conquista della «tv connessa» è solo all’ inizio, e fra i contendenti non ci sono solo i tradizionali editori televisivi, ma anche attori nuovi con disponibilità economiche enormi investite in contenuti. Si chiamino Netflix o Amazon Video, sono questi i nuovi potenti con cui la nostra industria televisiva dovrà fare i conti”.
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