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Aiuti statali per decoder DTT. Il punto sulla questione Mediaset

La vicenda. Nell’ambito del processo di conversione dei segnali televisivi al sistema digitale, il passaggio definitivo al digitale doveva avvenire, in Italia, entro il novembre 2012. La legge finanziaria italiana del 2004 ha previsto un contributo pubblico di 150 euro per ogni utente che acquistasse o prendesse in locazione un apparecchio per la ricezione dei segnali televisivi digitali terrestri. La legge finanziaria del 2005 ha previsto lo stesso contributo pubblico, per un importo ridotto a 70 euro. Dopo varie denunce presentate dalla Centro Europa 7 e dalla Sky Italia, la Commissione ha dichiarato, con decisione 2007/3741, che il regime di aiuti in questione era illegittimo e incompatibile con il mercato interno ed ha imposto all’Italia di procedere al recupero, nei confronti dei beneficiari, dell’aiuto e dei relativi interessi. Si tratta della decisione relativa all’aiuto di Stato C-52/2005, al quale l’Italia ha dato esecuzione con il contributo all’acquisto di decoder digitali. In seguito a tale decisione, Mediaset ha proposto ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale UE. Il ricorso è stato tuttavia respinto con sentenza del 15 giugno 2010, Mediaset/Commissione. In seguito, anche la successiva impugnazione proposta avverso tale sentenza del Tribunale è stata respinta dalla Corte con sentenza del 28 luglio 2011. Quanto recuperare? Dopo l’adozione di tale decisione, la Commissione e l’Italia hanno cooperato al fine di identificare i beneficiari e di quantificare con precisione gli importi da recuperare. In particolare, con lettera del 1° aprile 2008, la Commissione ha approvato il metodo utilizzato dall’Italia, cioè un sondaggio demoscopico diretto a stabilire il numero di utenti supplementari risultante dall’aiuto, il ricavo medio per utente, nonché i profitti supplementari. La Commissione ha anche concordato con le conclusioni secondo cui la TIMedia e la Fastweb non avevano ottenuto alcun profitto supplementare e non erano dunque soggette ad obbligo di restituzione. Di contro, la Commissione ha indicato che l’importo da recuperare presso la Mediaset ammontava a 6.844.361 euro. Sulla base di nuovi elementi, la Commissione, con lettera dell’11 giugno 2008, ha ridotto tale importo a 4.926.543 euro. Il giudice nazionale è vincolato all’importo stabilito dalla Corte di Giustizia? In seguito all’ingiunzione emessa dalle autorità italiane nel 2009, Mediaset ha versato la somma di 5.969.442 euro (comprensiva degli interessi) e, nello stesso tempo, ha adito il Tribunale civile, invocando l’erronea applicazione dei criteri di quantificazione stabiliti nella decisione della Commissione e l’erroneità dei calcoli effettuati per determinare i profitti supplementari derivanti dall’aiuto. Pur formulando critiche riguardo al sondaggio demoscopico e ai modelli econometrici utilizzati, la perizia ha affermato che non era stato dimostrato che l’aiuto avesse effettivamente influenzato le vendite di decoder nel corso del periodo preso in considerazione. Il giudice italiano si è dunque rivolto alla Corte di Giustizia per stabilire se, al fine di garantire l’esecuzione di una decisione della Commissione che dichiara un regime di aiuti illegittimo e incompatibile con il mercato interno, ma che non identifica i singoli beneficiari e non determina con precisione gli importi da restituire, il giudice nazionale si trovi vincolato dalle prese di posizione ulteriori dell’istituzione, relative all’importo esatto da recuperare presso un beneficiario determinato. La Commissione non impone il recupero dell’aiuto. In proposito, giova ricordare come il regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, sulle modalità di recupero degli aiuti di Stato, stabilisca che in caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario. La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. Inoltre, la normativa comunitaria precisa che fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 278 TFUE, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto dell’Unione. La Commissione non è tenuta a determinare l’importo esatto da restituire. Nella sentenza che si commenta la Corte di Giustizia ricorda innanzitutto che l’istituzione del sistema di controllo degli aiuti di Stato spetta, da un lato, alla Commissione, e, dall’altro, ai giudici nazionali, fermo restando che i loro rispettivi ruoli sono complementari ma distinti. La Commissione dispone dunque di una competenza esclusiva, sotto il controllo dei giudici dell’Unione, nel valutare la compatibilità di un aiuto con il mercato interno. Essa non è invece tenuta, all’atto di ordinare la restituzione di un aiuto dichiarato incompatibile con il mercato interno, a determinarne l’importo esatto. È sufficiente che la decisione contenga elementi che permettano al suo destinatario di determinare esso stesso, senza difficoltà eccessive, tale importo. La decisione 2007/374 è dunque obbligatoria nei confronti dell’Italia, che ne è destinataria, e vincola il giudice nazionale. Di contro, le lettere che la Commissione ha poi indirizzato all’Italia nell’ambito dello scambio di comunicazioni finalizzato a garantire l’esecuzione della decisione – lettere che identificano Mediaset come beneficiaria e precisano l’importo esatto degli aiuti da recuperare presso tale impresa – non costituiscono decisioni. Di conseguenza, tali prese di posizione della Commissione nell’ambito dell’esecuzione della decisione non vincolano il giudice nazionale. Il giudice nazionale se ha difficoltà di quantificazione può rivolgersi alla Commissione europea. Tuttavia, la Corte sottolinea che, nell’ambito della leale cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione, i primi devono adottare tutte le misure idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Se il giudice nazionale nutre dei dubbi o riscontra delle difficoltà nella quantificazione dell’importo da recuperare, può rivolgersi alla Commissione. Nella misura in cui gli elementi contenuti nelle prese di posizione della Commissione mirano a facilitare la realizzazione del compito delle autorità nazionali nell’ambito dell’esecuzione della decisione di recupero, il giudice nazionale deve tenerne conto ai fini della valutazione della controversia e motivare la propria decisione alla luce dell’insieme degli atti contenuti nel fascicolo che è stato sottoposto alla sua attenzione. Se non sono identificati i beneficiari né gli importi il giudice può anche ritenere che l’importo da restituire sia zero. La Corte ricorda inoltre che, in mancanza di disposizioni di diritto dell’Unione in materia, gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato interno devono essere recuperati secondo le modalità previste dal diritto nazionale, purché queste ultime non si risolvano nel rendere praticamente impossibile il recupero e non violino il principio di equivalenza rispetto ai procedimenti volti a dirimere controversie esclusivamente nazionali dello stesso tipo. Ai fini della quantificazione dell’importo degli aiuti da recuperare, il giudice nazionale deve prendere in considerazione l’insieme degli elementi rilevanti portati a sua conoscenza, compreso lo scambio di comunicazioni intervenuto tra la Commissione e le autorità nazionali in relazione all’applicazione del principio di leale cooperazione. Non si può dunque escludere che, tenuto conto dell’insieme di tali elementi, i calcoli effettuati dal giudice nazionale in relazione alla quantificazione degli importi degli aiuti da restituire abbiano come risultato un importo pari a zero. Del resto, dalla documentazione contenuta nel fascicolo trasmesso dal giudice nazionale risulta che la Commissione ha espressamente ammesso, a proposito di TIMedia e Fastweb, che nessun importo avrebbe dovuto essere recuperato presso queste due imprese. In conclusione. La Corte di Giustizia, pertanto, afferma che qualora la Commissione, nella sua decisione, non abbia identificato i beneficiari né determinato con precisione gli importi da restituire, il giudice nazionale può dunque concludere, senza rimettere in discussione la validità della decisione né l’obbligo di restituzione degli aiuti, che l’importo da restituire è pari a zero, quando una simile conclusione derivi dai calcoli effettuati sulla base dell’insieme degli elementi rilevanti portati a sua conoscenza.

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