“L’Assemblea di redazione de La Sicilia, a conclusione del periodo estivo contrassegnato da pesanti sacrifici economici e turni di lavoro a tratti anche massacranti, annuncia il proprio stato di agitazione e informa di avere affidato al Comitato di redazione un pacchetto di cinque giorni di sciopero”.
Così i giornalisti del quotidiano siciliano hanno annunciato l’avvio della loro agitazione nei confronti della dirigenza. In una lunga nota, affidata anche al sito istituzionale della testata, i lavoratori hanno spiegato: “La decisione, quanto mai sofferta, si rende necessaria alla luce dell’atteggiamento dei vertici aziendali, che per l’ennesima volta non si fanno scrupolo di mettere le mani nelle tasche dei dipendenti, ai quali hanno sempre sollecitato impegno e produttività ma nei cui confronti risultano in difetto allorquando tale impegno e tale produttività sono chiamati a retribuire”.
Accuse veementi: “I giornalisti del quotidiano “La Sicilia” negli ultimi sette anni hanno dovuto fronteggiare stati di crisi, solidarietà, cassa integrazione con e senza Covid, fra l’altro con percentuali molto elevate che non hanno riscontro negli altri quotidiani dell’Isola. Inoltre viaggiano da anni con ritardi cronici nella corresponsione dello stipendio – che per il mese di luglio sarà liquidato, fra l’altro, persino in due rate – riscontrando che per la Domenico Sanfilippo Editore tutto ciò sia ormai da considerare normalità”.
Dopo i sacrifici e il mancato riconoscimento di questi da loro lamentato, hanno scelto di scendere in campo: “Nonostante tali difficoltà oggettive, la redazione non ha mai voluto trascendere in proteste eclatanti o polemiche fragorose che, fra l’altro, in casi come questo sarebbero state pure legittime. Né d’altra parte, comprendendo il difficile momento del settore dell’editoria, ha fatto venire meno il proprio impegno. Anzi, durante i 18 mesi in cui all’editore Mario Ciancio Sanfilippo l’azienda è stata sottratta, a seguito del decreto di sequestro/confisca, i giornalisti hanno serrato le fila e rilanciato il prodotto, che oggi viene riconosciuto – dagli stessi lettori e dagli inserzionisti, che ringraziamo – come di gran lunga più accattivante, oltreché curato nei contenuti, col nuovo formato e con il full color. Sarebbe stato lecito attendersi concreta gratitudine, per tutto questo. Invece, dal giorno in cui l’attuale proprietà è tornata in possesso dei beni, a questa redazione, ai collaboratori e ai corrispondenti non è stato garantito il benché minimo riconoscimento in termini economici e morali. Anzi, l’azienda è ancora in possesso di somme di denaro indebitamente trattenute dalla busta paga dei dipendenti, ben prima del sequestro /confisca, e destinate agli enti previdenziali”.
La conclusione riporta toni alti e concitanti che esprimono la gravità della situazione: “Evidente, a questo punto, che Mario e Domenico Ciancio non possono più giocare a rimpiattino con giornalisti, tecnici, poligrafici, impiegati e collaboratori. Dicano se hanno la forza di andare avanti e come intendono farlo. Oppure se pensano di sopravvivere con partite di giro, almeno fin quando ce ne sarà l’opportunità, spremendo e mal pagando i lavoratori in attesa di un tracollo che a questo punto, visto lo sbracciarsi dei soli dipendenti e l’atteggiamento tutt’altro che costruttivo dell’azienda, non può essere lontano. Se per caso l’obiettivo dovesse essere, comunque, il primo, che si rispettino tutti gli impegni. È impensabile andare avanti in questa maniera, chiedendo ancora collaborazione e sforzi a una redazione che a tutto ha rinunciato fino a oggi. Ma che di certo non rinuncerà a quel che gli spetta e, soprattutto, alla difesa della propria dignità”.
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