Si conclude l’inchiesta nei confronti del deputato Pdl Antonio Angelucci accusato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di aver percepito indebitamente contributi pubblici per due giornali. Secondo l’Agcom, infatti, la famiglia Angelucci, dal 2006 al 2010, ha violato l’obbligo di comunicare il controllo delle società editrici di Libero e del Riformista percependo per entrambe i contributi pubblici (cosa che è vietata dalla legge). In ballo 34 milioni di euro, congelati presso Palazzo Chigi. Angelucci aveva vinto per un vizio formale il ricorso al Tar del Lazio che, lo scorso 25 novembre, aveva annullato la sanzione di 103 mila euro inflitta dall’Agcom che, a sua volta, aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato.
La terza sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Pier Giorgio Lignani, ha accolto il ricorso dell’Agcom e del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio contro la pronuncia del Tar del Lazio, confermando la multa di 103 mila euro per il deputato Antonio Angelucci.
Il congelamento dei contributi pubblici all’editoria, disposto dalla Presidenza in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato, ha già avuto i suoi “nefasti” effetti. Da quasi un mese il Riformista, che intanto era passato sotto la direzione di Emanuele Macaluso (foto), non è più in edicola e la cooperativa che editava il giornale ha messo in liquidazione la società e la testata. È stata “mandata a casa” una squadra di giornalisti giovane e dinamica, una dozzina di cronisti e dieci poligrafici, fine di un’avventura editoriale inaugurata dieci anni fa da Antonio Polito e Claudio Velardi. La solidarietà è arrivata bipartisan da tutte le forze politiche perché, quando chiude un giornale, non è mai una buona notizia per la democrazia.
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