Agcom e le proteste per la delibera sugli oneri delle frequenze tv: alla ricerca di equilibrio tra vincoli di bilancio e rispetto della normativa
Frequenze Tv e delibera Agcom, un terreno su cui è difficile muoversi tant’è che ad oggi la determinazione del contributo per l’uso delle stesse frequenze è stata, più che altro, oggetto di polemiche politiche. A cercare di chiarire la situazione interviene sulle pagine del Corriere Economia il commissario Agcom Francesco Posteraro: “Si è detto che l’Agcom avrebbe trasferito il peso del contributo dalle emittenti agli operatori di rete. Non è così”. Secondo la legge il passaggio al digitale terrestre avrebbe dovuto sancire l’assegnazione d’uso delle frequenze agli operatori di rete e non più alle emittenti. Dunque gli operatori di rete sono i soggetti passivi dell’imposta non a seguito di una decisione di Agcom, ma solo in quanto fruitori delle frequenze tv.
Oneri eccessivi per operatori locali
Tra i motivi di protesta nei confronti della delibera si è spesso citato l’eccessivo onere a carico degli operatori locali, ma in realtà “la delibera prevede, a favore di questi ultimi, uno sconto di almeno il 70% sul contributo che sarebbe dovuto in base alla dimensione geografica dei diritti d’ uso assegnati a ciascuno di essi“, prosegue Posteraro. In pratica, quindi, il Governo può portare lo sconto fino al limite ritenuto adeguato per la tutela dell’emittenza locale grazie al decreto per la fissazione dei contributi. Parlando, invece, dell’importo per i singoli operatori, non ci sono leggi che l’Agcom debba applicare che facciano riferimento a percentuali del fatturato, “e neppure consentono, in difetto di statuizioni in tal senso, di trattare gli operatori di rete verticalmente integrati – ossia quelli inseriti in un gruppo imprenditoriale di cui fa parte anche un’ emittente – in maniera diversa dagli operatori di rete ‘puri'”.
Come determinare il valore delle frequenze
Per riuscire a determinare il valore delle varie frequenze l’Agcom ha seguito quanto indicato dalla Commissione europea. Il parametro utilizzato è stato il prezzo pagato da Cairo per l’uso ventennale del multiplex aggiudicato con la gara che ha sostituito il beauty contest: “sulla base di un calcolo attuariale, la delibera ha quindi fissato il contributo a carico della Rai e di Elettronica Industriale, l’operatore di rete che fa capo a Mediaset, in un ammontare di circa 13 milioni di euro all’anno per ciascuna”. Questa cifra è di gran lunga inferiore rispetto a quanto pagato dalle emittenti con il precedente regime. Senza andare troppo indietro nel tempo, nel 2013 (ultimo anno prima del passaggio) gli importi sono stati pari a circa 26 milioni e 300 mila euro per la Rai e a circa 17 milioni e 700 mila euro per Mediaset. Questo risparmio non è dovuto ad alcuno sconto, ma semplicemente all’applicazione delle norme.
Delibera Agcom, una perdita per l’erario?
Secondo Posteraro è del tutto infondata “l’asserzione secondo cui la delibera Agcom darebbe luogo a una perdita per l’erario”. I dati presi come riferimento mostrano un introito annuo di circa 50 milioni di euro assicurato dal vecchio canone nel 2011 calati a meno di 46 milioni nel 2013 per la diminuzione dei ricavi delle emittenti. “Adottando i criteri della delibera, gli incassi per lo Stato sarebbero superiori: circa 56 milioni e 600 mila euro, con uno sconto del 70% per gli operatori locali, e circa 50 milioni e 800 mila, se lo sconto arrivasse al 90%. Senza considerare che la somma a carico della Rai rappresenta una partita di giro, per cui i vantaggi effettivi per l’erario sarebbero ancora più consistenti”. Tuttavia il decreto legge Monti (n°16 del 2012) prevede un’applicazione progressiva del nuovo sistema di contributi: il risultato che si ottiene è quello di avere un gettito inferiore, ma solo per i primi anni, rispetto a quello ottenuto con il vecchio canone.
Applicazione progressiva al vaglio del Governo
Allo stesso tempo la delibera rimette al Governo le valutazioni sul criterio di applicazione progressiva: l’obiettivo da raggiungere è l’invarianza di gettito in maniera da “non porre vincoli a decisioni che, per salvaguardare gli equilibri di bilancio, attenuino fortemente o anche eliminino del tutto l’ impatto della gradualità”. Quindi Governo e Parlamento potrebbero modificare il quadro legislativo se dovessero giudicare eccessivamente onerosi i nuovi contributi per gli operatori di rete delle frequenze tv, una soluzione che l’Agcom non poteva certo applicare da sola essendo un’autorità amministrativa e, come tale, preposta ad osservare ed applicare le leggi.