Movimenti in casa Agcom, l’authority per le telecomunicazioni guidata da Angelo Marcello Cardani. Tra gli ultimi provvedimenti adottati, il disco rosso a Telecom Italia – dove s’è appena insediato il nuovo ad Flavio Cattaneo in vista della maxi operazione targata Vivendi – per la app Tim Prime (a base di chiamate e sms illimitati verso un numero a scelta). Il nuovo piano tariffario da 49 centesimi a settimana sarebbe dovuto partire il 10 aprile, ma dopo la decisione made in Agcom tutto è saltato
Manovre importanti anche sul fronte interno, in particolare con la nomina, appena varata dal cda dell’autorità, del nuovo Segretario generale che prende il posto di Francesco Sclafani, il quale era stato costretto alle dimissioni otto mesi fa (con un interim affidato ad Antonio Petrucci) per far ritorno all’Avvocatura dello Stato, dalla quale aveva ottenuto il distacco.
La new entry è un nome di peso, Riccardo Capecchi, che arriva dal colosso Poste, dove ha percorso le principali tappe della sua carriera, fino all’ultima poltrona, quella alla guida di Poste Energia.
Ecco, in rapida carrellata, la sua story. Perugino, classe 1965, neanche trentenne sbarca in azienda, dove in un periodo strategico, a metà anni ’90, lavora come “assistente del presidente” nella fase calda della trasformazione di Poste da amministrazione pubblica ed Ente economico, ossia la graduale privatizzazione inaugurata ai tempi della presidenza Prodi all’Iri, inizio ’90 (le “conseguenze” del famoso incontro sul Britannia di queen Elizabeth nel golfo di Napoli con i big del mondo a trattare i destini di paesi ed economie), e consolidata proprio dalla “direttiva Prodi” del 1997 (sarà il suo esecutivo a nominare, nel 1998, Corrado Passera al vertice della neonata Poste Italiane spa).
Passa quindi ad occuparsi, Capecchi, di “public affairs”, trait d’union nei rapporti con governo e parlamento: postazione non poco strategica, appunto, in quegli anni ’90.
Quando Romano Prodi vara il suo secondo governo – che poi cadrà per le dimissioni di Clemente Mastella dal dicastero della Giustizia – viene chiamato proprio a palazzo Chigi: sarà il ghostwriter presidenziale e si occuperà di confezionare, sotto il profilo comunicativo, i principali dossier in fase di ultimazione.
Caduto il Governo, fa ritorno a casa Poste, dove gli viene affidato il ruolo di capo delle relazioni con le pubbliche amministrazioni e le grandi imprese, il suo terreno preferito. Poi un deciso balzo in avanti, con l’ascesa al vertice di Poste Energie, le società in house che si occupa di questioni energetiche in tutto l’arcipelago che ruota intorno a big Poste: colpo doppio, perchè diventa amministratore delegato e direttore generale, nomina partorita sotto il governo Monti e confermata con gli esecutivi Letta e Renzi.
Dal 2000, poi, Capecchi ha ricoperto il ruolo di tesoriere della creatura prediletta di casa Letta, il think tank “Vedrò”, uno dei pensatoi di maggior peso nel panorama italiano. Un incarico che, però, gli ha procurato qualche grattacapo, a causa dell’inchiesta sui maxi appalti per la realizzazione del Mose di Venezia. Il Consorzio Venezia Nuova, infatti, ha versato per tre anni, dal 2010 al 2012, tre contributi da 20 mila euro ciascuno, “tutti regolarmente registrati e fatturati”, come ha ribadito Capecchi alle fiamme gialle che hanno indagato per conto della procura lagunare.
Da consegnare soprattutto al gossip made in Dagospia un’altra vicenda che lo coinvolto nel 2007, quando lavorava a palazzo Chigi al fianco di Prodi. E’ la vicenda del “passaggio” su un’aereo di Stato per assistere al Gran Premio automobilistico di Monza, una “lista di persone autorizzate a salire a bordo, stabilite d’intesa con l’ufficio voli di palazzo Chigi”, venne subito precisato.
Ricordano alla presidenza del Consiglio: “Un uomo parecchio riservato, un professionista molto versato nelle pubbliche relazioni con gli enti, le amministrazioni, capace di inquadrare subito i temi base da trattare politicamente. L’uomo giusto per interfacciarsi con le grosse problematiche economiche e gestionali”.
Un bagaglio che si prepara a trasferire in Agcom, dove però lo aspettano – in qualità di segretario generale – non pochi problemi di carattere tecnico-amministrativo, e anche giuridico, per sbrogliare le tante matasse ormai da tempo aggrovigliate sul tavolo dell’Authority. Dal dossier sulla Banda larga (con il testa a testa fra Telecom, Fastweb e la ultima arrivata sulla scena ma prediletta dal premier Renzi, Enel Telecomunicazioni) ai nodi sul diritto d’autore, fino alla questione “contenuti audiovisivi” (e in campo i big di reti e antenne pubbliche e private).
Ma è un altro il dossier più caldo, proprio quello che riguarda i “servizi postali”, su cui Agcom ha da alcuni anni una specifica competenza e precisi doveri di vigilanza. “Quello dei servizi postali – spiegano a Poste spa – è un business da 11 miliardi di euro l’anno, e il 70 per cento è controllato da noi. L’Agcom dovrà regolamentare il settore, che vede in campo non pochi concorrenti privati mentre noi siamo impegnati ormai da tempo anche su altri fronti, come quello dei servizi finanziari, pur non essendo un istituto di credito e non essendo controllati dalla Vigilanza di Bankitalia”.
A questo punto, la parola – per il prossimo futuro – spetta all’Agcom.
Che per rafforzare il team “giuridico” ha previsto un’altra nuova nomina, quella di Claudio Contessa, quarantenne napoletano e già un’esperienza come consulente giuridico a fianco del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, nell’esecutivo Monti.
Nel corso del Cda di fine marzo, che ha ratificato l’ingresso di Capecchi nel team di vertice Agcom, è stato deciso infatti l’inoltro di una precisa richiesta al Consiglio di Stato al fine di ottenere il distacco di Contessa presso l’Authority, per ricoprire il delicato incarico di direzione dell’area giuridica. Area che per l’interim è stata affidata a Laura Aria, la quale – a sua volta – è distaccata da ben 11 anni presso l’Agcom, preveniente dai ranghi della presidenza del consiglio dei ministri.