La marcia indietro Agcom: non è sicuro che ce la facciamo ad approvare il regolamento sull’equo compenso e la direttiva Copyright entro gennaio. La commissaria Elisa Giomi ha licenziato una nota in cui corregge il tiro e si dice “costretta a precisare che il regolamento sarà approvato solo quando il Consiglio avrà completato le valutazioni e gli approfondimenti doverosi”. Ma c’è da fare i conti con quello che c’è. E “ad oggi la discussione sul punto non è neppure iniziata, né il Consiglio si è mai espresso sugli esiti della consultazione pubblica svolta”. Insomma, poche speranze di farcela in tempi relativamente celeri.
Giomi ha spiegato inoltre che “nella seduta di mercoledì è stato deciso solo il rinvio in quanto il dossier, estremamente voluminoso, è stato reso disponibile solo poche ore prima della riunione”. La commissaria Agcom definisce l’equo compenso “un tema delicatissimo, di rilevanza senza precedenti, con pochissimi termini di confronto a livello internazionale e destinato a incidere per anni sul rapporto tra editori e piattaforme e potenzialmente anche tra informazione e pubblico”. Intanto, però, i tempi restano lentissimi.
Per Giomi “è un tema che esige la massima serietà, responsabilità e indipendenza di giudizio e non rispettare i tempi effettivamente necessari ad una ponderata valutazione da parte di Uffici e Consiglio potrebbe generare il sospetto di pressioni dall’esterno, mentre l’Autorità non può farsi dettare l’agenda da nessuno né prendere impegni a scatola chiusa”. Infine ha concluso affermato che “proprio per questo sarebbe stato opportuno mantenere riservata anche la calendarizzazione della discussione del punto nelle prossime riunioni di Consiglio, a tutela massima formale e sostanziale dell’indipendenza del Regolatore”.
Quindi c’è poco da indulgere all’ottimismo. L’Agcom va lenta, e rivendica il diritto di andare piano, pianissimo. Il problema, però, è che incombe una crisi violenta sulle imprese editoriali, sugli operatori dell’informazione, dai giornalisti precari fino agli editori. Che aspettano regole, subito, che possano dare una scossa a un settore che, stretto tra le crisi e asfissiato dal precariato, rischia di perdersi.