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AGCM. INDAGINE CONOSCITIVA RIGUARDANTE IL SETTORE DELL’EDITORIA QUOTIDIANA, PERIODICA E MULTIMEDIALE

Presentata la relazione 2007 dell’Antitrust. Vediamo tutto ciò che riguarda il comparto dell’editoria e della radiotelevisione.

Nel periodo di riferimento, l’Autorità ha
concluso un’istruttoria ai sensi dell’articolo 81 del Trattato Ce nel
mercato dei servizi di rilevazione degli indici di lettura per la stampa
quotidiana e periodica e in quello della raccolta pubblicitaria (A.D.S.
Accertamenti Diffusione Stampa-Audipress
).
L’Autorità ha inoltre avviato un procedimento istruttorio per accertare
un’eventuale intesa restrittiva della concorrenza nel mercato dell’editoria
scolastica (Mercato dell’editoria
scolastica
). Nel quadro del controllo
delle concentrazioni, l’Autorità ha concluso un’istruttoria nel mercato dei
servizi di informazione elenchi abbonati via telefono, vietando un’operazione
di concentrazione (Seat Pagine
Gialle-1288 servizio di consultazione telefonica
).
Infine, l’Autorità ha effettuato un intervento di segnalazione (Segnalazione
relativa alla base dati unica degli abbonati telefonici
)
ed ha concluso l’indagine conoscitiva riguardante il settore dell’editoria
limitatamente all’analisi dei sussidi pubblici all’editoria e dei limiti
alle concentrazioni nel settore (Indagine
conoscitiva riguardante il settore dell’editoria quotidiana, periodica e
multimediale
)

 

INTESE

A.D.S. Accertamenti
Diffusione Stampa-Audipress

Nel maggio 2007, l’Autorità ha concluso un
procedimento istruttorio nei confronti della società Ads Accertamenti
Diffusione Stampa, accertando una violazione dell’articolo 81 del Trattato CE
nel mercato dei servizi di rilevazione per la stampa periodica e quotidiana e
nel mercato della raccolta pubblicitaria su stampa quotidiana. Il procedimento
era stato avviato sulla base di una segnalazione presentata dalla società
Edizioni Metro Srl, con la quale si lamentava il rifiuto opposto da Ads e
Audipress a consentire la partecipazione del quotidiano gratuito Metro ai
sistemi di certificazione della diffusione e di rilevazione della lettura
gestiti dalle due associazioni.

In particolare, Ads e Audipress svolgono,
rispettivamente, il servizio di certificazione e divulgazione dei dati relativi
alla tiratura e alla diffusione della stampa quotidiana e periodica (Ads) e le
indagini campionarie, quantitative e qualitative, sulla lettura delle testate
che hanno ottenuto la certificazione Ads (Audipress). Le indagini realizzate da
Audipress e la diffusione certificata da Ads rappresentano i dati di riferimento
utilizzati nel settore editoria per valutare il grado di penetrazione delle
testate nei diversi ambienti socio-economici e per attribuire un valore ai
relativi spazi pubblicitari (cosiddetto rating).

L’Autorità ha valutato che il rifiuto
opposto da Ads e da Audipress di ammettere il quotidiano gratuito Metro ai
rispettivi sistemi di certificazione e rilevazione poteva essere il frutto di
intese finalizzate a impedire o restringere l’accesso ai servizi da esse
forniti da parte delle società editrici di quotidiani gratuiti, determinando
così un’ingiustificata discriminazione della stampa gratuita a favore delle
società editrici di giornali e quotidiani a pagamento. La condotta tenuta dalle
due associazioni era apparsa, altresì, suscettibile di restringere la
concorrenza nel connesso mercato della raccolta pubblicitaria a mezzo di stampa
quotidiana, impedendo alla stampa gratuita di valorizzare in maniera adeguata i
propri servizi pubblicitari a vantaggio degli editori dei giornali a pagamento.

Dal punto di vista merceologico, l’Autorità
ha ritenuto che i mercati rilevanti interessati dalla fattispecie oggetto di
istruttoria fossero, a monte, il mercato dei servizi di rilevazione per la
stampa periodica e quotidiana e, a valle, il mercato della raccolta
pubblicitaria su stampa quotidiana. Per quanto concerne, in particolare,
quest’ultimo mercato, l’Autorità ha rilevato che la modalità gratuita di
diffusione delle testate quotidiane non appariva, allo stato, un fattore di
specificità tale da indurre a individuare un mercato del prodotto distinto da
quello più ampio della raccolta pubblicitaria su stampa quotidiana a pagamento.
Ciò che rileva per l’utente pubblicitario, infatti, non è la gratuità o
l’onerosità del mezzo per il lettore, quanto il tipo di mezzo e, in
particolare, la differente frequenza e fruizione, mentre il prezzo di vendita
degli spazi pubblicitari appare essenzialmente funzione del numero di copie
diffuse.

Sotto il profilo geografico, l’Autorità ha
ritenuto che il mercato delle rilevazioni per la stampa quotidiana e periodica
aveva dimensione nazionale, coincidente con l’intero territorio italiano, in
considerazione del fatto che tali servizi riguardano esclusivamente
pubblicazioni edite in Italia e in lingua italiana, al fine prevalente della
raccolta pubblicitaria relativa ai diversi beni di consumo offerti al pubblico
in Italia. Per quanto invece riguarda il mercato della raccolta pubblicitaria su
stampa quotidiana, l’Autorità ha osservato che per le imprese clienti, ossia
per gli investitori in pubblicità e le agenzie pubblicitarie operanti
sull’intero territorio nazionale, risulta relativamente indifferente, sotto il
profilo della copertura geografica, ricorrere a quotidiani nazionali o a una
rete articolata di quotidiani locali che comprenda una buona parte del
territorio italiano, come nel caso delle testate gratuite Metro,
City
e Leggo.
Di conseguenza, tenuto conto del fatto che le menzionate testate gratuite
dispongono di un ampio network
di edizioni locali, e considerata la presenza di inserzionisti anche a livello
locale, la condotta oggetto di istruttoria appariva suscettibile di dispiegare
effetti, oltre che sul mercato della raccolta pubblicitaria a livello nazionale,
anche sulla raccolta pubblicitaria nei territori delle province in cui è
distribuito in particolare il quotidiano gratuito Metro.

Nel febbraio 2007, l’Autorità ha concluso il
procedimento istruttorio senza accertamento dell’infrazione nei confronti di
Audipress, la quale aveva presentato impegni ai sensi dell’articolo 14-ter,
comma 1, della legge n. 287/90. Tali impegni, successivamente modificati e
integrati, si sostanziavano principalmente nella definitiva approvazione di una
modifica del proprio regolamento d’indagine, la quale prevedeva formalmente
l’ammissione della stampa gratuita alle rilevazioni semestrali svolte da
Audipress. Le nuove disposizioni introdotte nel regolamento, infatti,
eliminavano la necessità della preventiva certificazione della testata da parte
di Ads, rimuovendo così ogni ostacolo alla partecipazione dei quotidiani e dei
periodici gratuiti al sistema di rilevazioni gestito da Audipress. In base alle
modifiche apportate agli impegni originariamente presentati, inoltre, Audipress
garantiva che per entrambe le tipologie di stampa sarebbero stati identici
metodo e qualità dell’indagine e che tutti i dati e le informazioni sulla
stampa gratuita sarebbero stati presentati, sui vari mezzi di diffusione dei
risultati delle rilevazioni, unitamente ai dati e alle informazioni sulla stampa
a pagamento, in modo da eliminare ogni ulteriore possibilità di
discriminazione. L’Autorità ha ritenuto che gli impegni offerti da Audipress,
come successivamente precisati e integrati, fossero idonei a risolvere il
problema dell’esclusione della stampa gratuita dal sistema di rilevazione
dell’indice di lettura gestito dall’associazione stessa in Italia e il
conseguente effetto di discriminazione nella raccolta pubblicitaria a vantaggio
della stampa a pagamento, facendo venire meno i profili anticoncorrenziali
connessi alla condotta di Audipress e rendendo possibile la chiusura del
procedimento nei suoi confronti senza accertamento dell’infrazione.

Con riferimento invece ad Ads, nei confronti
della quale l’istruttoria è proseguita, l’Autorità ha accertato il
persistente rigetto delle richieste di certificazione della tiratura e della
diffusione di quotidiani gratuiti, motivato dalla mancata previsione di tale
tipologia di stampa nell’ambito dello statuto e del regolamento. In realtà,
l’Autorità ha verificato che, benché lo statuto di Ads prevedesse la
possibilità di certificare e divulgare i dati relativi a tiratura e diffusione
della stampa di qualunque natura, il regolamento per l’esecuzione degli
accertamenti era strutturato attorno al modello distributivo proprio della sola
stampa a pagamento. Conseguentemente, l’Associazione, lungi dall’essere
obbligata, si era limitata ad accogliere un’interpretazione restrittiva del
proprio mandato, determinandosi a svolgere la propria attività di
certificazione unicamente a favore della stampa a pagamento e assumendo, nei
fatti, una posizione univoca di chiaro e persistente rigetto delle richieste di
certificazione avanzata dai quotidiani gratuiti. Inoltre, a seguito dell’avvio
del procedimento, l’Associazione aveva predisposto un ‘protocollo
d’intesa’ finalizzato all’ammissione della stampa quotidiana gratuita al
proprio sistema di certificazione, il quale tuttavia era rimasto pressoché
inattuato.

L’Autorità ha ritenuto che le varie
determinazioni adottate alla luce del proprio regolamento per l’esecuzione
degli accertamenti, con cui Ads aveva rifiutato l’ammissione delle testate
quotidiane gratuite al sistema di certificazione di tiratura da essa gestito,
configuravano decisioni di un’associazione d’imprese le quali, avendo tutte
il medesimo scopo di ostacolare lo sviluppo della stampa gratuita, integravano
un’unica intesa restrittiva della concorrenza.

La condotta posta in essere da Ads aveva
arrecato un danno immediato agli editori dei quotidiani gratuiti, non
permettendo loro di concorrere su un piano di parità con gli altri editori
nella vendita di spazi pubblicitari; dall’altro, aveva prodotto mediatamente
uno svantaggio ai lettori, considerato che la stampa quotidiana gratuita,
laddove si potesse finanziare con maggiori introiti pubblicitari, potrebbe
offrire maggiori contenuti informativi. In ragione della gravità e della durata
dell’intesa, l’Autorità ha comminato all’associazione Ads Accertamenti
Diffusione e Stampa una sanzione amministrativa pari a 8 mila EUR.

 

Mercato dell’editoria
scolastica

Nel settembre 2007, l’Autorità ha avviato un
procedimento istruttorio ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 287/90 nei
confronti dell’Associazione Italiana Editori al fine di accertare
l’esistenza di un’eventuale intesa restrittiva della concorrenza nel mercato
della produzione e distribuzione di libri scolastici adottati nelle scuole medie
inferiori e superiori (i cosiddetti libri adozionali). Nel provvedimento di
avvio dell’istruttoria, l’Autorità ha evidenziato che un insieme di
elementi relativi alle caratteristiche della domanda e dell’offerta concorre a
delineare un quadro competitivo sostanzialmente statico nel settore, tra cui in
particolare l’elevato grado di concentrazione dell’offerta, la stabilità
delle quote di mercato, la presenza di una domanda dei libri scolastici di tipo
derivato che, anelastica rispetto al prezzo, conferisce all’editore una
notevole autonomia nella determinazione del prezzo di copertina.

L’Autorità ha tuttavia rilevato che, pure a
fronte di tali caratteristiche, altri aspetti inducono a ritenere che
l’assetto di mercato prevalente nel settore sia determinato anche da
comportamenti autonomi delle imprese volti ad alterare il normale gioco
competitivo. Tra questi, particolare rilievo assume la possibilità che hanno
gli editori di conoscere i comportamenti dei concorrenti utilizzando gli archivi
informatici predisposti dall’Associazione Italiana Editori e messi a
disposizione di tutti gli operatori del mercato (associati o meno); tale
archivio, infatti, contenendo informazioni dettagliate sulle tipologie di
prodotti e sui loro prezzi, contribuisce a determinare un contesto di mercato
caratterizzato da un elevato grado di trasparenza. Per contro, le informazioni
contenute in tale archivio non sono accessibili agli insegnanti, le cui scelte
dei testi risentono peraltro dell’attività di promozione realizzata dai
singoli editori, attraverso la propria rete di promotori e agenti o tramite la
figura del concessionario. Sulla base di tali elementi, l’Autorità ha
ipotizzato che le significative criticità che sotto il profilo concorrenziale
il mercato presenta possano essere anche la risultante di un’attività di
coordinamento, posta in essere in seno all’AIE, e avente ad oggetto le
politiche commerciali e distributive degli editori.

Peraltro, sulla scorta della documentazione
acquisita nel corso di accertamenti ispettivi, l’Autorità ha deliberato nel
novembre 2007 l’estensione soggettiva del procedimento nei confronti delle
società Principato, De Agostini Edizioni Scolastiche, Il Capitello, Edumond Le
Monnier, Giunti Scuola, Pearson Paravia Bruno Mondadori, RCS Libri, S.E.I. e
Zanichelli. I documenti raccolti hanno evidenziato infatti sistematici contatti
tra le imprese del settore e inducono a ritenere che le stesse, unitamente ad
AIE, potrebbero aver preso parte al coordinamento delle rispettive politiche
commerciali. Al 31 marzo 2008 l’istruttoria è in corso.

 

CONCENTRAZIONI

Seat Pagine Gialle – 1288
servizio di consultazione telefonica

Nell’aprile 2007, l’Autorità ha concluso
un procedimento istruttorio vietando l’operazione di concentrazione
consistente nell’acquisizione da parte di Seat Pagine Gialle dell’intero
capitale sociale di 12.88 Servizio di Consultazione Telefonica, società attiva
nella fornitura di servizi informazione abbonati via telefono. Per effetto
dell’operazione, Seat Pagine Gialle avrebbe acquisito i diritti d’uso
relativi alle numerazioni “1288” e “1248” nonché la concessione in
licenza dei diritti di proprietà intellettuale relativi al marchio e
all’immagine dei “Pelotti” ai fini della promozione in Italia dei servizi
di assistenza elenchi abbonati.

Dal punto di vista merceologico, l’Autorità
ha considerato che il mercato rilevante sul quale valutare l’operazione fosse
quello dei servizi di informazione elenchi abbonati via telefono (fisso e
mobile), i quali solo parzialmente possono considerarsi sostituibili con altre
modalità di acquisizione dell’informazione (elenchi cartacei provinciali,
servizi via Internet, annuali commerciali su CD-Rom). Dal punto di vista
geografico, tale mercato è stato ritenuto di dimensione nazionale, in quanto
l’archivio informatico contenente le informazioni fornite si riferisce
all’utenza nazionale, la domanda si esprime a livello nazionale e la lingua
utilizzata è tipicamente quella italiana.

I servizi di informazione abbonati via telefono
sono attualmente offerti in Italia attraverso le numerazioni del tipo “12XY
e “892UUU
e si basano sulle informazioni contenute nella base dati unica degli abbonati
telefonici in ambito nazionale (BDU) costituita secondo le regole fissate
dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 36/02/CONS,
concernente l’offerta di un servizio di elenco telefonico universale. In
attuazione di tale delibera, nove operatori di rete fissa e mobile hanno siglato
nell’aprile 2005 un Protocollo d’intesa per la costituzione di una base dati
unica (BDU) contenente i dati dei propri clienti che abbiano manifestato la
volontà di essere inseriti. Telecom Italia è stata individuata, insieme a BT
Albacom ed Eutelia, come operatore legittimato alla messa a disposizione a terzi
della BDU a un prezzo equo, ragionevole e non discriminatorio.

Avendo riguardo alle caratteristiche del
mercato dell’assistenza elenchi abbonati, l’Autorità ha rilevato che i
fattori competitivi fondamentali ai fini del successo commerciale risultavano
essere i)
la notorietà del marchio e della numerazione corrispondente e ii)
la qualità del servizio offerto, in termini di rapidità, correttezza e
completezza dell’informazione.

A seguito della liberalizzazione dei servizi di
assistenza elenchi abbonati, avvenuta
nell’ottobre 2005, oltre a Seat, erano presenti nel mercato italiano
essenzialmente due tipologie di operatori: da un lato, società riconducibili a
operatori internazionali specializzati, quali 1288 SCT e Il Numero Italia;
dall’altro, i gestori telefonici, tra cui i più rilevanti erano Telecom
Italia e Vodafone, mentre Pagine Utili rappresentava l’unico operatore
assimilabile in una certa misura a Seat, in quanto attivo anche nell’annuaristica
categorica. In tale mercato, l’Autorità ha accertato che Seat deteneva una
posizione di netta preminenza, derivante sia dalla quota di mercato detenuta
pari al 45-55% (la quale saliva fino al 57-67%, tenendo conto del fatturato da
raccolta pubblicitaria), sia da una molteplicità di altri elementi che
conferivano a essa un vantaggio non replicabile da parte dei concorrenti nei
servizi di assistenza elenchi abbonati.
Tra questi: la disponibilità di marchi molto noti (Pagine Bianche e Pagine
Gialle); la presenza nei mercati dell’offerta di informazioni abbonati sulle
altre piattaforme (annuari cartacei alfabetici, Pagine Bianche, e categorici,
Pagine Gialle, archivi abbonati su Internet, “Pagine Bianche on
line
” e “Pagine Gialle on
line
”); la disponibilità di una rete
di raccolta pubblicitaria per le Pagine Gialle che contribuiva alla costituzione
della propria base dati dettagliata e aggiornata degli esercizi commerciali
attivi sul territorio; il carattere storico della presenza di Seat
nell’offerta di informazioni abbonati su diverse piattaforme; il suo ingresso
preventivo nel mercato della assistenza elenchi abbonati con la numerazione
“89.24.24”; infine, la disponibilità dell’archivio informatico derivante
dall’attività di raccolta pubblicitaria per le Pagine Gialle.

Il secondo operatore del mercato era Telecom
Italia, con una quota del 20-30%, mentre gli altri operatori detenevano quote
inferiori al 10%. In tale contesto, la società 1288 SCT rappresentava non solo
il terzo operatore, con una quota del 10-20%, ma soprattutto il concorrente più
dinamico.

Sulla base delle risultanze istruttorie,
l’Autorità ha ritenuto che l’operazione di concentrazione avrebbe
determinato il rafforzamento in capo a Seat della posizione dominante già
detenuta nel mercato nazionale dei servizi di informazione abbonati via
telefono. In primo luogo, l’Autorità ha considerato che Seat avrebbe
acquisito il terzo operatore, arrivando a detenere sul mercato stesso una quota
pari al 60-70%, di 2-3 volte superiore a quella del principale Telecom Italia.
In secondo luogo, l’Autorità ha prestato rilievo alla circostanza che Seat
era l’unico operatore la cui quota di mercato aveva conosciuto, anche nella
fase di contrazione del mercato successiva alla liberalizzazione, una stabilità,
se non un’ulteriore crescita, a fronte delle flessioni registrate nelle quote
degli altri concorrenti.

Seat era inoltre l’unico operatore cui è
stato consentito di continuare a usare, dopo la liberalizzazione, la medesima
numerazione “89.24.24 Pronto Pagine
Gialle
”, attiva dal 2001, continuando
in tal modo a fruire dei vantaggi derivanti dagli investimenti pubblicitari
sostenuti e mantenendo il relativo avviamento e la base clienti. Infine,
l’Autorità ha considerato il vantaggio strategico di cui Seat poteva
avvalersi per operare efficacemente nel mercato, rappresentato dalla possibilità
di sfruttare le sinergie derivanti dalla disponibilità della base informativa
derivante sia dalla raccolta pubblicitaria effettuata sulle Pagine Gialle
(cartacee e on line)
che sulle Pagine Bianche.

Sulla base di tali elementi, l’Autorità ha
ritenuto che l’operazione avrebbe determinato il rafforzamento della posizione
dominante di Seat nel mercato nazionale dei servizi di informazioni abbonati via
telefono, attraverso sia l’eliminazione della concorrenza in quel momento
esistente, sia un innalzamento delle barriere all’entrata, con conseguente
riduzione della concorrenza potenziale. Infine, l’Autorità ha rilevato che, a
conclusione dell’operazione, la probabile eliminazione del marchio “1288”
avrebbe comportato la riduzione delle possibilità di scelta per i consumatori,
nonché la perdita di uno degli operatori specializzati in assistenza elenchi
abbonati. L’Autorità ha pertanto vietato la realizzazione dell’operazione.

 

ATTIVITÀ DI SEGNALAZIONE

Base dati unica degli
abbonati telefonici

Nel giugno 2007, l’Autorità ha inviato
all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni una segnalazione, ai sensi
dell’articolo 21 della legge n. 287/90, con riferimento alla base dati unica
degli abbonati telefonici (BDU), in cui confluiscono i dati sugli abbonati
telefonici di tutti gli operatori abilitati a livello nazionale.

L’Autorità ha preliminarmente osservato che
le informazioni relative agli abbonati dei servizi di telefonia fissi e mobili
costituiscono una risorsa chiave per ogni operatore di telecomunicazioni, e
anche il principale fattore produttivo comune per i servizi di informazione
abbonati, offerti su varie piattaforme. Con la costituzione di tale BDU è stato
realizzato l’obiettivo di rendere accessibili le informazioni a condizioni
eque, ragionevoli e non discriminatorie a coloro che intendono offrire servizi
informativi in quest’ambito.

Considerato che la BDU contiene tutti i dati
strettamente necessari all’identificazione degli abbonati, con particolare
riferimento alle informazioni anagrafiche e all’indirizzo postale, l’Autorità
ha rilevato che tali dati non sono di norma sufficienti a soddisfare le esigenze
informative degli utenti, soprattutto nel caso di aziende e istituzioni. Essi
non comprendono infatti le informazioni maggiormente richieste dalla clientela
per la ricerca e l’identificazione degli esercizi commerciali e/o delle
istituzioni (quali, ad esempio, le categorie merceologiche, le insegne
commerciali, i marchi, le denominazioni commerciali, le ditte, gli indirizzi di
posta elettronica o gli indirizzi di rete Internet, ecc.) né specificano le
destinazioni d’uso delle numerazioni telefoniche (linea diretta, linea fax,
linea interna, centralino, ecc.), e il consenso sulla ricerca inversa.

Tali informazioni sono invece normalmente
detenute dagli operatori di rete, che dispongono della totalità dei dati
relativi ai propri abbonati. In considerazione di ciò, l’Autorità ha
evidenziato l’asimmetria informativa che viene a determinarsi tra i dati in
possesso dei gestori di rete e quelli disponibili nella BDU, che costituiscono
la fonte per l’offerta di servizi informazioni abbonati. E tale asimmetria
risulta ancor più manifesta laddove si confronti la dotazione informativa di
Telecom Italia, che dispone tutt’oggi di oltre venti milioni di abbonati su
rete fissa, con quella disponibile per tutti gli altri operatori di
telecomunicazioni, aventi un numero molto più esiguo di abbonati, nonché con
le informazioni disponibili per gli operatori terzi che si avvalgono della BDU.

Tenuto conto anche dell’esperienza di altri
Paesi europei, le cui regolazioni obbligano gli operatori telefonici a inserire
nella base dati abbonati informazioni molto più dettagliate rispetto a quelle
risultanti nella BDU italiana, l’Autorità ha rilevato che le problematiche
emerse, a due anni dalla realizzazione della BDU, potrebbero indurre il
regolatore a rivedere il quadro regolamentare, al fine di uniformare la
dotazione di risorse informative primarie per tutti gli operatori presenti sui
mercati a valle dei servizi d’informazione sugli abbonati telefonici.

 

INDAGINE CONOSCITIVA

Indagine conoscitiva
riguardante il settore dell’editoria quotidiana, periodica e multimediale

Nel luglio 2007 l’Autorità ha concluso la
prima parte dell’indagine conoscitiva sull’editoria quotidiana, periodica e
multimediale riguardante i profili attinenti le sovvenzioni pubbliche e i limiti
alle concentrazioni per i quotidiani. L’indagine è stata avviata con
l’obiettivo di vagliare se e come la finalità sovraordinata di tutela del
pluralismo dell’informazione e gli strumenti individuati dal legislatore a
tale scopo possano coniugarsi con la tutela della concorrenza.

Attualmente le forme di sostegno pubblico in
favore dell’editoria sono riconducibili a due tipologie fondamentali: gli
aiuti economici diretti in favore di determinate imprese editoriali; gli aiuti
economici indiretti, di tipo generalizzato, a loro volta distinguibili in
riduzioni tariffarie, agevolazioni fiscali e credito agevolato. La prima
considerazione che l’Autorità ha svolto in base all’analisi delle diverse
tipologie di sostegno pubblico al settore è stata l’eterogeneità dei criteri
e delle modalità di erogazione dei contributi, rispetto ai quali non è agevole
individuare un disegno organico sottostante, orientato alla tutela del
pluralismo. L’attuale assetto è apparso invece la risultante di una
progressiva stratificazione di misure aventi obiettivi non sempre convergenti e
basate su parametri di attribuzione e quantificazione non univoci.

Con riguardo ai contributi diretti, l’Autorità
ha sostenuto che essi possono costituire uno strumento importante di
salvaguardia del pluralismo e al contempo di tutela della concorrenza, nella
misura in cui contribuiscono ad agevolare la nascita e l’affermazione di nuovi
operatori, portatori di idee e informazioni incrementali rispetto al panorama
esistente. Può essere pertanto utile che un nuovo soggetto editoriale venga
sostenuto nella fase di avvio dell’attività.

Più in generale, l’Autorità ha ritenuto che
occorrerebbe interrogarsi se l’assenza di un limite temporale al periodo di
assegnazione del contributo non possa determinare la sistematica dipendenza di
alcune testate dal sostegno pubblico, riducendo gli stimoli ad affrancarsi e
ottenere una piena autonomia. Quanto ai riflessi sul pluralismo, non può essere
trascurato che la dipendenza strutturale dal finanziamento pubblico può
limitare l’autonomia stessa della testata rispetto a chi determina l’an
e la disponibilità finanziaria da
destinare al contributo. Un vincolo temporale di decadenza della contribuzione
pubblica avrebbe invece il pregio di far emergere e restare sul mercato solo le
pubblicazioni di maggior interesse e costringerebbe gli operatori a ricercare
nuove forme di conseguimento di un risultato commerciale positivo. Più in
generale, i contributi pubblici verrebbero a spostarsi dalle vecchie testate
alle nuove iniziative editoriali, coerentemente con la finalità ultima di
sostegno al pluralismo. Infine, l’Autorità ha sottolineato la necessità di
individuare criteri di assegnazione più stringenti, che consentano di evitare
comportamenti opportunistici, e di monitorare l’uso delle risorse da parte dei
soggetti beneficiari.

Nell’ambito delle sovvenzioni indirette
meritano particolare considerazione le agevolazioni postali, che ne
rappresentano la voce preponderante. L’obiettivo che esse perseguono è
manifestamente quello dello stimolo allo sviluppo delle vendite in abbonamento,
in ragione dei numerosi vantaggi che esse comportano per gli editori, sia di
tipo economico che di natura qualitativa. In termini economici, l’editore gode
di un vantaggio finanziario connesso al pagamento anticipato delle pubblicazioni
e, soprattutto, può fare affidamento su entrate certe, che gli consentono di
programmare meglio la propria ’attività. Quanto ai contenuti, la continuità
di lettura garantita dagli abbonati permette un dialogo continuato,
eventualmente articolabile in più uscite successive, nonché iniziative
editoriali, commerciali e di marketing più
profilate.

L’attuale sistema di agevolazioni postali
sembra suscettibile di interventi di miglioramento, sia sul piano della
realizzazione di una più accesa concorrenza tra i soggetti interessati, sia
sotto il profilo della tutela del pluralismo.

In merito ai risultati raggiunti dall’attuale
sistema, l’Autorità ha sostenuto che le agevolazioni postali non hanno
costituito una misura efficace per lo sviluppo delle vendite in abbonamento.
L’Italia, infatti, tra i Paesi occidentali si caratterizza per la scarsissima
rilevanza della percentuale di abbonamenti sul totale delle vendite di
quotidiani e periodici e tale scarto è univocamente attribuito dagli editori a
una inadeguata tempestività del servizio postale, fattore cruciale per il
prodotto in esame.

Una seconda constatazione attiene alla
distribuzione delle risorse tra i diversi beneficiari. Poiché la
quantificazione delle compensazioni postali dipende dal numero di copie spedite
in abbonamento, le grandi imprese ricevono gran parte delle somme erogate. In
altri termini, soltanto una parte minore della spesa pubblica per le
agevolazioni postali concorre alla tutela del pluralismo, contribuendo alla
diffusione tramite abbonamento di testate minori. Il resto è appannaggio dei
principali gruppi editoriali, per i quali tuttavia l’incidenza di tale
contributo sul fatturato complessivo è minima, e non influenza in maniera
rilevante lo sviluppo delle vendite in abbonamento. Infine, l’Autorità ha
sottolineato la problematicità della previsione che riconosce l’agevolazione
tariffaria agli editori soltanto a fronte dei servizi prestati da Poste
Italiane, precludendo la possibilità di goderne in caso di ricorso ad altri
operatori o altri sistemi di recapito. Tale regime ostacola infatti lo sviluppo
di una piena concorrenza tra le imprese postali e riduce l’incentivo di Poste
Italiane a migliorare la qualità del servizio, laddove affidabilità e
tempestività costituiscono fattori determinanti per lo sviluppo degli acquisti
in abbonamento.

Sulla base di tali considerazioni, l’Autorità
ha formulato alcuni suggerimenti, nell’ottica di ricollegare più direttamente
i contributi postali all’obiettivo di tutela del pluralismo e ridurre i
potenziali elementi di distorsione della concorrenza.

In primo luogo, risulterebbe opportuno
stabilire un ammontare massimo della compensazione da parte dello Stato, in modo
da mantenere inalterata la misura del sussidio riconosciuto ai piccoli editori e
limitare al contempo la spesa a favore dei grandi gruppi editoriali, dotati di
un’autonoma capacità negoziale nei confronti di Poste Italiane per i quali il
sostegno non appare così rilevante.

Un intervento più radicale, finalizzato a
superare il limite rappresentato dalla inadeguatezza qualitativa della
spedizione postale degli abbonamenti, potrebbe essere individuato
nell’incentivazione di forme alternative di consegna degli abbonamenti. In
questo senso, l’Autorità ha osservato che è verosimile che in determinate
aree (ad esempio, le aree urbane) il servizio possa essere svolto da imprese
specializzate, a condizioni competitive. Per le aree più marginali,
l’esigenza di una capillarità del servizio di consegna potrebbe essere
soddisfatta dalla struttura distributiva tradizionale (edicole e punti vendita
non esclusivi), attraverso il cd. “abbonamento in edicola”, in cui
l’abbonato ritira la pubblicazione presso il punto vendita.

Il finanziamento pubblico potrebbe piuttosto
essere orientato verso iniziative a sostegno della domanda di abbonamenti,
riferite ad esempio a taluni destinatari privilegiati (quali scuole o centri
culturali), ovvero a modalità di distribuzione poco onerose, come
l’abbonamento alla testata diffusa tramite Internet. Il sussidio alla domanda
determina infatti un minore livello di ingerenza nelle dinamiche competitive
rispetto ai contributi all’offerta, in quanto l’allocazione delle risorse è
dettata dalle scelte dei consumatori, su cui si deve necessariamente concentrare
l’attenzione degli operatori. In termini di ripercussioni sulle dinamiche di
prezzo, un maggior ricorso alle vendite in abbonamento si risolverebbe in un
aumento della competizione di prezzo tra gli editori. Infatti, le vendite in
abbonamento sono tipicamente caratterizzate da una forte vivacità di prezzo,
perché gli editori ricorrono spesso a offerte promozionali, applicando
condizioni particolarmente vantaggiose.

L’Autorità ha infine rilevato che
l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 4%, prevista per i prodotti
editoriali, anche ai supporti integrativi dei prodotti editoriali determina una
disparità di trattamento rispetto alla vendita degli stessi prodotti nei canali
distributivi tradizionali, dove si applica l’aliquota ordinaria del 20%.

Con riguardo ai limiti alle concentrazioni
fissati dalla normativa nazionale per il settore dei quotidiani, l’Autorità
ha riconosciuto che essi mirano al mantenimento del pluralismo
dell’informazione e trovano dunque fondamento nell’esigenza di contenere
l’influenza esercitata dagli editori nel processo di formazione
dell’opinione pubblica. In base alla normativa nazionale, è considerata
“dominante” la posizione del soggetto che, per effetto di una
concentrazione, giunga a controllare società che editano testate quotidiane la
cui tiratura superi il 20% della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in
Italia, ovvero il 50 % delle copie tirate in ambito interregionale.

L’Autorità ha affermato che la scelta di
definire una soglia dimensionale in base al parametro della tiratura della
stampa quotidiana non consente una misura pienamente adeguata del grado di
influenza dell’impresa sull’opinione pubblica. La tiratura appare, infatti,
meno significativa di altri indicatori, quali la diffusione ed il numero di
lettori raggiunti, al fine di verificare il potere di un editore. Inoltre,
l’imposizione di un limite ai soli editori di quotidiani esclude i periodici
dal novero delle testate monitorate, con l’effetto di considerare anche quei
periodici di approfondimento che sembrano contribuire in modo deciso
all’obiettivo di una informazione pluralistica. Inoltre, risulta controverso
se e come considerare la tiratura dei quotidiani gratuiti ai fini del
superamento delle soglie dimensionali previste dalla legge.

In un’ottica strettamente antitrust,
i limiti alla crescita esterna
esercitano un vincolo alla ricerca dell’efficienza da parte delle imprese, in
modo particolare nei settori che si caratterizzano per la presenza di rilevanti
economie di scala e per il ruolo decisivo della differenziazione di prodotto. In
realtà, la scelta operata dal legislatore nazionale sembra tener conto delle
peculiarità che distinguono il settore in esame che, peraltro, in tutto il
mondo è in fase di restrizione a causa della progressiva riduzione di domanda
di prodotti editoriali stampati, provocata dal crescente diffondersi dei nuovi
strumenti di comunicazione digitale (Internet in particolare). Nel mercato
italiano, tale situazione si traduce, da una parte, in una stagnazione del
numero delle copie vendute che, in un quadro di staticità dei ricavi, non
favorisce l’ingresso di nuovi operatori, dall’altra, in fenomeni di
razionalizzazione attraverso concentrazioni che tendono a polarizzare la platea
degli operatori. In tale particolare contesto possono giustificarsi interventi
che raggiungano obiettivi di pluralismo non soltanto con strumenti a tutela
della varietà editoriale, ma anche con mezzi che incidono sulla dinamica di
mercato quali limiti alla crescita esterna dell’impresa.

Infine, l’Autorità ha svolto talune
considerazioni in ordine al mutato contesto di settore, ritenendo che la
riflessione sul tema del pluralismo debba tenere conto della specifica realtà
del mercato e del contributo offerto dai quotidiani alla diffusione
dell’informazione.

Il mercato dell’informazione nel suo insieme
ha conosciuto, negli ultimi decenni, un duplice indirizzo: la crescita del grado
di concentrazione e la tendenza alla multimedialità, come interrelazione fra
una molteplicità di mezzi e forme di comunicazione. Come conseguenza, sono
stati introdotti limiti di proprietà calcolati in relazione all’intero
mercato dei mezzi di comunicazione.

Se dunque il dibattito sul grado di
concentrazione raggiunto nei diversi mercati si basava finora sul presupposto
che i diversi mezzi di comunicazione dovessero essere considerati separati,
l’ammontare di informazione a disposizione di consumatori e imprese è oggi
notevolmente aumentato rispetto al 1987, anno di elaborazione dei limiti alle
concentrazioni per l’editoria quotidiana Le novità più significative
corrispondono, in particolare, alla diffusione di Internet e all’affermazione
dei quotidiani gratuiti, i quali determinano un ampliamento delle possibilità
di accesso all’informazione. Nel più ampio comparto delle telecomunicazioni,
meritano inoltre di essere ricordati anche il progressivo sviluppo della
televisione satellitare, la digitalizzazione della frequenze radio e la
trasmissione di contenuti anche squisitamente informativi tramite telefono
cellulare, veicoli di comunicazione che si affiancano alla televisione
generalista. In considerazione di tutto ciò, l’Autorità ha sostenuto
l’opportunità di promuovere la sussistenza di condizioni che assicurino un
ampio ventaglio di fonti di informazione e approfondimento a disposizione dei
consumatori e, quindi, di ridurre gli ostacoli all’ingresso di nuovi editori.

editoriatv

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