Una vita professionale vissuta in pieno: se n’è andato nel fine settimana il giornalista britannico Robert Fisk. Aveva 74 anni, aveva lasciato ormai da tempo il Libano, nel cuore di quel Medio Oriente che aveva raccontato ai lettori occidentali tanto bene quanto aveva raccontato i fronti caldissimi degli ultimi decenni.
Fisk s’era iniziato a imporre all’attenzione del pubblico da inviato in Irlanda del Nord, all’epoca dei Troubles, quando Belfast era un fronte apertissimo in cui si fronteggiavano lealisti “orange” e cattolici repubblicani e morire per strada, nell’indifferenza generale (specialmente per i secondi…) era una specie di normalità. Era di un’altra specie di giornalista, Fisk. Attento osservatore e puntuale critico. Quando aveva scelto il Medio Oriente, alla cui turbolenta storia dedicò diversi volumi – alcuni editi anche in Italia -, riuscì nell’impresa della vita: intervistare Osama bin Laden. Per ben tre volte.
In cinquant’anni di carriera ha “coperto” gli scenari più infuocati delle guerre dentro e fuori l’Europa: dall’Irlanda ai Balcani e fino al Nord Africa e, appunto, ai disordini continui mediorientali. A 74 anni, era tornato a Dublino. Nato nel Kent, aveva ottenuto la cittadinanza irlandese. E lì è morto lasciando costernati i suoi connazionali, i suoi lettori e i suoi colleghi al The Independent.
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