A SCUOLA SOLO CON GLI EBOOK? “LA STRADA E’ANCORA LUNGA”

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Aperte le scuole, si discute di libri.
Di quanto sono cari e di quanto sono pesanti. E’ un must.
Ma di recente si è aggiunto un altro punto di questione: qualcuno sostiene che i libri siano anche strumenti antiquati di insegnamento della conoscenza.
Chi la pensa così avrà accolto con calore il decreto Gelmini che da quest’anno rende obbligatoria l’adozione di testi a formula mista (per metà digitali, per metà cartacei).
E ancora.
Per la scuola 24 milioni di euro di investimenti annunciati dal ministro Profumo per avviare un processo di digitalizzazione negli istituti con una stima di 30 milioni di euro di risparmio.
C’è già una consistente fetta di studenti, il 71%, secondo uno studio dell’associazione Comunicazione Perbene, andrebbe più volentieri in classe se gli strumenti didattici fossero più tecnologici.
Sono questi i primi passi verso un modo di apprendimento interamente digitalizzato, in cui scomparirà il libro tradizionale? Con il conseguente addio alle pesanti cartelle, foriere di scoliosi? Nell’intervista che segue, Giorgio Palumbo (Palumbo editore), da pochi giorni eletto presidente del Gruppo educativo dell’Associazione italiana editori (Aie), di cui ora è per statuto anche vice presidente, smorza gli entusiasmi: “Il libro cartaceo non scomparirà – sostiene – piuttosto che una sostituzione, prevedo un’integrazione di supporti.”

-Presidente, qual è la situazione attuale del mercato editoriale scolastico in Italia, che ruolo ha nel mercato il settore degli ebook? Può fornire qualche dato tendenziale degli ultimi dieci anni?

“Da presidente del Gruppo educativo di Aie, guardo con favore all’impegno che il ministro Profumo ha preso nei confronti di insegnanti e studenti di portare in ogni aula italiana pc e tablet.
E’ un passo ineludibile per avviare un processo futuro di digitalizzazione dei contenuti didattici, ma allo stesso tempo la strada da percorrere è ancora lunga.
Il trend attuale è quello dell’integrazione di strumenti, a dimostrarlo sono i dati di settore che danno al 99,7% la diffusione dei libri in formula mista (per metà digitale e per metà cartacea) contro la percentuale di diffusione dello 0,23%, dei libri interamente digitali”.

-Il processo, avviato solo in parte, di digitalizzazione dei contenuti didattici sarà destinato a completarsi?

“Indubbiamente ci troviamo davanti a un’evoluzione dello scenario che ha interessato il mercato editoriale negli ultimi anni e non si può rimanere indifferenti.
Se prima i contenuti digitali venivano considerati come dei gadget allegati ai testi, come potevano essere i cd rom, ora c’è maggiore consapevolezza dell’uso didattico che offrono.
Tuttavia è difficile fare previsioni esatte sul futuro del mercato editoriale, soprattutto tenendo conto che l’incontro domanda-offerta del mercato editoriale è mediato dalla classe docenti ed è la classe docenti ad attuare il più ampio processo di selezione e questo, per certi versi, costituisce un limite per il margine d’azione della classe editoriale”.

-Insomma decidono gli insegnanti, ma se cambiasse il supporto, dovrebbe cambiare anche l’approccio all’insegnamento.
In futuro ad ogni studente potrebbe essere destinato un percorso didattico personalizzato su ebook.
Ritiene possibile una simile eventualità?

“Un differente approccio all’insegnamento è a mio avviso fondamentale, alla luce di una nuova realtà dei fatti da interpretare.
I ragazzi pensano da tempo in maniera digitale, i cosiddetti nativi digitali non esistono solo nei manuali sociologici ma sono i diretti fruitori del sapere.
Di conseguenza la scuola dovrebbe tenere conto della specificità dei singoli e pensare a strumenti digitali flessibili e tenere conto della specificità dei singoli.
Lo scenario che ipotizza è possibile ma la costruzione di nuovi modelli e contenuti va creata nel tempo e scaturisce dall’interazione di docenti e fruitori ed è ben lontano dai modelli rigidi seguiti dal governo”.

-A cosa si riferisce in particolare?

“In particolare ai decreti Gelmini tuttora vigenti che hanno stabilito il blocco delle nuove adozioni di libri scolastici a 5 anni per la primaria, dove però i testi sono gratuiti, e di 6 anni per secondaria, ed hanno portato ad una cristallizzazione del mercato editoriale.
Questi provvedimenti,nati per venire incontro alle esigenze delle famiglie meno abbienti, hanno di fatto bloccato il mercato editoriale, dal momento che l’insegnante è costretto a scegliere un testo da adottare per i prossimi 5 anni, è evidente che va sul sicuro, non scommette su un prodotto nuovo e di conseguenza il mercato invecchia.
È stato un approccio demagogico che non ha sortito effetti”.

-In un futuro in cui l’editoria scolastica sarà probabilmente digitale, crede che il tetto di spesa stabilito dal Miur che vincola il prezzo di copertina dei volumi, avrà ancora senso?

“Il tetto di spesa è stato istituito come strumento a tutela e vantaggio dell’utente, quindi credo vada mantenuto in quanto garante di questa funzione.
Piuttosto ritengo necessaria una revisione dei tetti di spesa, tenendo conto che l’ultimo aggiornamento del tetto di spesa è avvenuto nel 2012 e non veniva fatto dal 2008”.

-Ma rincarare i libri scolastici proprio in questo momento di recessione…?

“Ogni anno se ne parla ed è polemica.
Ma prima bisognerebbe pensare di più al lavoro che c’è dietro la realizzazione del libro e a chi ci lavora, per ogni cosa c’è un costo, l’albero dei libri non è stato ancora inventato”.

-Secondo lei il libro scolastico tradizionale (cartaceo) scomparirà del tutto?

“Secondo le mie previsioni, per quanto rimangano tali, il libro cartaceo non scomparirà perché è di per sé uno strumento perfetto che però ha dei limiti, limiti a cui può sopperire il digitale con i supporti audio e video di cui il libro cartaceo è sprovvisto.
Quindi, piuttosto che una sostituzione, prevedo un’integrazione di supporti”.

-Chi guadagnerà e chi perderà dal passaggio dal cartaceo al digitale?

“Vincerà chi saprà interpretare il cambiamento, mentre a perdere saranno indubbiamente le aziende che operano nel settore di stampa su carta e i canali di vendita tradizionale come le librerie.
Conseguenza inevitabile dovuta alla contrazione dell’uso, ma si può sempre pensare a un riutilizzo delle risorse”.

-C’è il rischio che l’adozione di nuovi strumenti di supporto, giochi a discapito della qualità dei contenuti?

“A questo proposito lo strumento non va enfatizzato, tendenza piuttosto diffusa, ma va tenuta sempre bene a mente la sua finalità ultima: quella di utilità per il fruitore”.

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