In principio fu Napster, il programma di file-sharing ante litteram che nell’estate del 1999 consentì a chiunque di condividere la collezione musicale degli utenti connessi alla rete.
Napster ha solo costruito le basi di quello che oggi è il sistema di scambio di file, noto come «peer- to- peer» , che in «Spotify» vede solo l’ultimo dei software di musica digitale in streaming , creato in Svezia nel 2006 e lanciato in alcuni paesi europei nell’autunno del 2008.
Il software nasce in collaborazione con Facebook ed è approdato ora anche negli Stati Uniti con la proposta di due modelli: una prima offerta gratuita ed una seconda a pagamento.
La prima delle offerte permetterà agli utenti di ascoltare brani fino a 20 ore complessive al mese, soltanto da dispositivi desktop collegati ad Internet, con il supporto economico della pubblicità, mentre la seconda offerta prevede un pagamento di 5 dollari mensili per l’ascolto illimitato di musica, senza pubblicità.
Il programma multipiattaforma consente di ascoltare gratuitamente in streaming canzoni di propria scelta, intervallate da interruzioni pubblicitarie, oppure senza pubblicità nella sua versione a pagamento, disponibile con abbonamento mensile o annuale.
Attualmente il servizio è disponibile in Svezia, Norvegia, Finlandia, Regno Unito, Francia, Spagna e Paesi Bassi , ma non è ancora disponibile in Italia, dove potrebbe godere di altrettanto interesse, d’altra parte il sistema è supportato da numerosi sistemi operativi desktop (Linux, OS X e Windows) e mobile (Android, IOS).
Quella che si va a delineare nel futuro come una gigantesca radio planetaria , è un servizio legale ed in regola con i diritti d’autore per quanto concerne i paese esteri ma che in Italia andrebbe in contro a somme da versare alla Siae piuttosto ingenti.
Per il momento quindi l’unico modo per accedere al servizio dall’Italia è quello di utilizzare «SpotifyWorldwide», una piattaforma che aggira le restrizioni geografiche, ma che non garantisce sempre la garanzia dell’ascolto.
Arianna Esposito