Partirà dal prossimo 12 gennaio quella che in molti hanno già battezzato la ‘rivoluzione’ dei domini internet, che permetterà agli internauti e alle aziende di scegliere il nome che preferiscono per l’estensione del loro sito (nuovi suffissi come .microsoft, .coke, .love, .sport, .god entreranno in competizione col ‘fidato’ .com) e dovrebbe servire a rendere internet più intuitivo. I nomi di dominio potranno terminare con qualunque parola (quasi) e potranno essere in qualsiasi lingua.
Molti, tuttavia, hanno espresso dubbi sui nuovi gTLD (nomi di dominio di primo livello), innanzitutto per il fatto che molti suffissi potrebbero creare contrasti tra i vari aventi diritto dando vita a nuovi abusi della proprietà intellettuale: cosa si farà quando una comunità rivendicherà l’uso della stessa estensione, come .musulmani? Chi avrà diritto a utilizzare l’estensione .amazon, la nota web company o il Brasile?
Per evitare dissidi, in questi casi l’Icann ha previsto la messa all’asta del suffisso conteso.
Alcuni domini, come ad esempio, .science, si prevede possano arrivare a valere molto, anche svariati milioni di dollari, scatenando grandi interessi economici, di cui – questo è certo – beneficerà l’ICANN, che incassa una percentuale su ogni nome di dominio registrato. L’ente, in effetti, riceve una commissione su ogni estensione venduta nel mondo attraverso altre società: un’attività che rappresenta il 95% del fatturato dell’organizzazione che, ricordiamo, è non-profit.
Per proteggere ulteriormente le imprese da usi illeciti delle nuove estensioni personalizzate – ci potrebbe essere, per esempio, qualche furbetto che decide di acquistare il dominio . gooogle o .microsfot – l’ICANN ha inoltre fissato anche un ‘filtro’ economico: depositare una candidatura costerà infatti 185 mila dollari. Una somma che corrisponde al ‘trattamento amministrativo’ dei dossier presentati al vaglio dell’associazione.