Caro Direttore, ti scrivo sia per esprimerti la mia più totale solidarietà per il provvedimento di sospensione di due mesi emesso dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia sia per rilanciare in Italia e in Europa una mobilitazione di tutte le persone libere e forti per l’abolizione di una istituzione di stampo fascista che non ha pari in Europa. Io denuncio l’irresponsabilità dell’Ordine dei giornalisti che è attento alla protezione degli interessi di una casta, ma è indifferente al degrado etico del sistema dell’informazione che diffonde ovunque la mistificazione della realtà al punto da allontanare sempre più la gente da
una stampa che è ormai quasi del tutto screditata.
Vivo da oltre otto anni sotto scorta per la condanna a morte e le reiterate minacce del
terrorismo islamico internazionale e nostrano, eppure mai una volta né l’Ordine dei giornalisti né la Federazione nazionale della stampa, il sindacato di categoria, hanno
mai espresso mezza parola di solidarietà. Neppure quando richiesi espressamente una loro pubblica dichiarazione di condanna di un vile attacco del vignettista Vauro che, in conclusione di una puntata della trasmissione Annozero di Michele Santoro il 12 aprile 2007, esibì un’infame vignetta in cui venivo raffigurato nei panni di un kamikaze nell’atto di farsi esplodere con alla cinta dei rotoli del Corriere della Sera, di cui ero vice-direttore, inneggiando «Allam Akbhar!», distorcendo l’invocazione «Dio è grande!» pronunciata dai terroristi suicidi prima di compiere una strage. (…)
Ringrazio l’allora direttore Paolo Mieli e il vicedirettore Luciano Fontana che mi offrirono la possibilità di denunciare l’accaduto sulle pagine del Corriere, pur consentendo a Vauro di replicare evocando la cosiddetta «libertà d’espressione» evidentemente scambiata per libertà di diffamazione.
Ho potuto personalmente constatare l’assoluta inutilità dell’Ordine dei giornalisti quando dal 1975 al 1987 ho esercitato la professione di giornalista senza poter essere iscritto all’Albo semplicemente perché non avevo la cittadinanza italiana. Eppure, quando superai il rito dell’esame dell’Ordine e ottenni la tessera professionale, era da dieci anni che i miei articoli, commenti ed editoriali venivano pubblicati sul quotidiano La Repubblica, così come ancor prima comparivano su una trentina di testate locali tra cui alcune prestigiose quali il Gazzettino di Venezia, il Secolo XIX di Genova, il Mattino di Napoli, la Gazzetta del Mezzogiorno di Bari e La Sicilia di Catania, svolgendo di fatto per queste testate anche il ruolo di inviato speciale pur in assenza di un contratto di dipendenza perché non possedevo la tessera di appartenenza alla Casta.
Per circa 12 anni gli italiani mi hanno apprezzato per i miei interventi sul Medio Oriente leggendomi sui giornali, ascoltandomi e vedendomi alla radio e in televisione, ma ufficialmente non ero un giornalista! Non è una prova dell’inutilità dell’Ordine dei giornalisti? (…)
Quale parlamentare europeo intendo promuovere a livello nazionale italiano ed europeo un’iniziativa per l’abolizione dell’istituzione dell’Ordine dei giornalisti che esiste solo in Italia e che fu concepita da Mussolini per sottomettere la stampa alle direttive della dittatura fascista. Così come intendo promuovere un’iniziativa di legge popolare da sottoporre al Parlamento italiano che riconosca il dovere dei giornalisti a diffondere un’informazione corretta e il diritto degli italiani a recepire un’informazione responsabile. (…)
Magdi Cristiano Allam (Il Giornale)