Il Risorgimento e l’Unità d’Italia ci sarebbero stati senza la libertà di stampa? Probabilmente no. Lo scrive Giancarlo Tartaglia, direttore della Fnsi, in una lettera pubblicata sul sito.
Dopo il congresso di Vienna – continua Tartaglia – il nuovo assetto che le grandi potenze avevano dato all’Europa si basava anche su una sostanziale limitazione della libertà di stampa in tutti gli Stati, compresi quelli che frammentavano la nostra penisola. Violando queste limitazioni, un po’ dappertutto fiorirono iniziative illegali di stampa clandestina che favorivano la circolazione delle idee. Soprattutto grazie alla stampa l’aspirazione a liberare le terre del nord d’Italia dall’occupazione dello straniero e l’anelito a fare finalmente dell’Italia una nazione e una patria e non più, come l’aveva definita Metternik “un’espressione geografica”, divennero patrimonio condiviso dalla moltitudine degli italiani. Il messaggio mazziniano per l’indipendenza, l’unità e la repubblica non avrebbe avuto eco se Mazzini non avesse speso la sua vita a fondare giornali e a scrivere ogni giorno un numero infinito di articoli sulla stampa di mezza Europa a sostegno delle rivendicazioni dell’italianità della penisola. Da L’Apostolato Popolare, pubblicato tra il novembre del 1840 e il febbraio del 1843 e sul quale apparvero i primi capitoli de “I doveri dell’uomo”, a il Precursore, giornale della rigenerazione italiana, diffuso gratuitamente dall’ottobre del 1836, a il Tribuno, primo esempio di giornale popolare, uscito per la prima volta nel gennaio del 1883 a Lugano, all’Italia del Popolo, pubblicato per la prima volta a Milano nel maggio del 1848 e ripreso negli anni successivi a testimonianza di una radicata tradizione repubblicana, numerosi furono i giornali che Mazzini creò per fare del Risorgimento un moto popolare ed un’idea diffusa nel sentimento degli italiani.